Curiosità Il Medioevo Viaggio nella storia

Verso “Il nome della rosa” – la serie #2 I nuovi ordini mendicanti

Bentornati amici lettori e appassionati di Storia. Come tutti ormai sapete, da Lunedì 4 Marzo andrà in onda su Rai 1 la serie tv ispirata al grande capolavoro di Umberto Eco “Il nome della Rosa”. Noi di TSD la aspettiamo con grande trepidazione e grazie all’aiuto dell’autore Fabio Cosio, abbiamo pensato di fare cosa gradita offrendovi alcuni articoli che permettano un avvicinamento graduale alla visione della serie tv, comprendendo al meglio il contesto storico che vi gravita attorno. In questo secondo articolo, Fabio ci parla dei nuovi ordini mendicanti di cui fanno parte i domenicani e i francescani. Se vi siete persi il primo articolo, lo trovate a questo link! Buona lettura!

I nuovi ordini mendicanti

Domenico di Guzman

Il primo a intuire che per combattere l’eresia catara bisognasse utilizzare i suoi stessi metodi fu Domenico di Guzman. Inviato dal papa nella Francia meridionale per cercare di riconciliare i catari, si rese conto che oltre alle parole era necessario l’esempio. Iniziò così a vivere e predicare nella più assoluta povertà, a cercare il confronto, il dibattito pubblico, predicando per le strade esattamente come facevano gli eretici. Fondò quindi l’ordine dei frati predicatori che, dal nome del suo fondatore, diventeranno noti come domenicani. Era il 1216.

Pochi anni prima, sulla scena italiana era già sorto un nuovo ordine che aveva assunto come regola la povertà assoluta. L’ordine dei frati minori di San Francesco d’Assisi. Anche i francescani, così come i domenicani, riscuotevano successo tra le grandi masse contadine. Vivevano in mezzo a loro, ispirandosi all’esempio di Cristo e dei suoi apostoli.
                    San Francesco d’Assisi
La nascita di ordini ispirati alla povertà metteva però a rischio lo stile di vita della Chiesa. Ne è dimostrazione il fatto che, quando Francesco si presentò a papa Innocenzo III per l’approvazione del suo ordine, non ne ottenne il consenso immediato. Il pontefice comprese l’utilità di avere sotto il proprio controllo un ordine che permettesse alle grandi masse di riconoscersi senza l’insorgere di ulteriori divisioni, d’altro canto temeva anche una deriva verso la povertà che potesse contagiare l’intera cristianità. Solo dopo aver avuto da Francesco l’assicurazione che la sua obbedienza alle gerarchie ecclesiastiche sarebbe stata assoluta e che mai avrebbe criticato la ricchezza altrui, approvò l’ordine dei frati minori, seppur solo verbalmente. Ben presto, con il crescere delle adesioni, entrambi gli ordini, francescano e domenicano, si ritrovarono ad avere nuovamente a che fare con la questione della povertà. Essi desideravano non avere nulla, ma d’altro canto la necessità di strutturare una vita comunitaria, di avere dei luoghi di ritrovo, preghiera e soggiorno richiedeva dei terreni, la costruzione di monasteri e conventi, l’accettazione di donazioni. Già nel 1221, Francesco si trovò ad affrontare la questione, con diversi frati che chiedevano di rendere meno restrittiva la regola sulla povertà. Forte era il sospetto che già molti di loro avessero accettato di entrare nell’ordine per approfittare e accumular ricchezze. Nel 1223, 14 anni dopo l’approvazione verbale da parte del papa, Francesco dovrà rivedere la regola, rendendola meno rigida. Solo a seguito di questa decisione il papa approverà l’ordine francescano per iscritto, con la bolla Solet annuere. Francesco morirà nel 1226, così come Domenico di Guzman nel 1221. Ben presto entrambi gli ordini vedono venire meno le premesse iniziali, iniziando anch’essi ad accumulare ricchezze e allontanandosi dall’idea iniziale dei suoi fondatori. Si creano fratture interne, tra i francescani nascono gli spirituali, più legati alla fedeltà assoluta della regola di povertà e umiltà del loro fondatore. Nel frattempo, intorno al 1230, viene anche modificata l’inquisizione: la ricerca e la condanna degli eretici non spetta più ai vescovi ma vengono incaricati proprio i frati predicatori (francescani e domenicani) sotto il diretto controllo del pontefice. A tutto ciò è necessario aggiungere un ulteriore particolare. Uno dei personaggi più popolari del secolo era stato l’abate Gioacchino da Fiore. Considerato dotato di spirito profetico, Gioacchino aveva elaborato un’accurata teoria della storia basata sullo studio della Bibbia. In questa teoria, che aveva riscosso grande successo e diffusione anche tra i ceti più poveri, la storia si divideva in tre epoche:
  • La prima, l’età del Padre, relativa ai tempi dell’antico testamento e fino all’avvento di Cristo.
  • La seconda, l’età del Figlio, relativa al nuovo testamento e ai vangeli e quindi dalla nascita di Cristo e la fondazione della Chiesa
  • La terza, l’età dello Spirito, relativa a un nuovo periodo spirituale, di pace e unione delle chiese, un’età di perfezione.
                          Gioacchino da Fiore
Basandosi su un accurato studio delle generazioni, Gioacchino piazzò l’avvento della nuova era intorno all’anno 1260. Questo causò un progressivo crescere dell’attesa. A causa anche dell’abbondante uso di simbologia e di termini oscuri, le teorie gioachimite videro fiorire una serie di interpretazioni. La principale riguardava la Chiesa stessa. Poiché la prima era aveva visto nascere la religione ebraica e la seconda la religione cristiana, forse la terza era avrebbe portato alla nascita di una nuova Chiesa, più spirituale e meno materiale? Alcuni riconobbero nell’avvento della nuova era l’anticipazione dell’arrivo dell’anticristo, in quanto nell’Apocalisse di Giovanni si parla di un tempo di pace che ne preparerà la venuta. Tutto ciò creò una notevole confusione. Se nel concilio Laterano del 1215 la Chiesa arrivò a sconfessare le tesi di Gioacchino, i frati francescani spirituali iniziarono a vedere nella teoria della terza era il disegno di una nuova chiesa basata sull’esempio del loro fondatore; una chiesa povera e umile e perfetta. Ma anche il popolo si muove. Diversi laici, vedendo “sconfessata” la Chiesa e alla ricerca della salvezza della propria anima alla luce del nuovo in arrivo, iniziano a predicare per le strade, abbandonano le proprie ricchezze, iniziano una vita ispirata ai primi apostoli al di fuori dell’ordinamento ecclesiastico. Nascono i flagellanti, congreghe di uomini e donne che vagano di città in città esibendo pubblicamente il loro fare penitenza umiliandosi nel corpo, frustandosi e flagellandosi per le vie, in uno spettacolo in grado di turbare le moltitudini. Il numero di congreghe che si rifanno all’esempio degli apostoli deve essere numeroso, al punto che papa Gregorio X durante il concilio di Lione del 1274 si vedrà costretto a emanare una bolla di condanna per tutte le congregazioni mendicanti, obbligandole a rientrare nei due soli ordini riconosciuti dalla Chiesa; quello domenicano e quello francescano, di fatto considerando eretico qualsiasi altro movimento. Ci sono alcune eccezioni. Famoso è l’epico pellegrinaggio di Pietro da Morrone, il futuro papa Celestino V (il papa del “gran rifiuto” di Dante) che dalla Majella raggiunge Lione a piedi per ottenere da papa Gregorio il riconoscimento del suo ordine, i frati majellani, a cui il pontefice concederà di rientrare sotto la regola benedettina e che, vedremo in seguito, per un certo periodo sembrerà essere la soluzione a tutti i problemi.
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