A cura di Manuela Moschin
Andrea Vicentino e la “Battaglia di Lepanto” situata nel Palazzo Ducale a Venezia, un dipinto in movimento. Racconta l’autore Marco De Luca (cap. II – pag. 23):
“I forzieri erano pieni di denari e la stiva vuota: questo permetteva alla “Cinzia” – così si chiamava la galea del nobiluomo Emo, greco di origine e annoverato tra gli eroi di Lepanto – di filare come un fuso…”
L’autore del romanzo cita una delle più conosciute ed epiche battaglie che ci sia stata nella storia, “La Battaglia di Lepanto”, uno scontro navale tra i musulmani dell’Impero ottomano e la Lega Santa riunita alla Repubblica di Venezia, allo Stato Pontificio, alla Repubblica di Genova e alla Spagna. Tutto iniziò nel 1570 quando gli ottomani attaccarono Cipro, una città veneziana sin dal 1480. Lo scontro finale avvenne il 7 ottobre del 1571, dove la flotta cristiana della Lega Santa riuscì a sconfiggere le forze navali ottomane.
Andrea Michieli, conosciuto come Andrea Vicentino (Vicenza, 1542 circa – Venezia, 1618), fu un pittore della Repubblica di Venezia, che si formò sugli insegnamenti di Tintoretto (Iacopo Robusti) e Paolo Caliari detto il Veronese. Egli dipinse “La Battaglia di Lepanto” (1595-1603), nella sala dello Scrutinio del Palazzo Ducale di Venezia. L’artista rappresentò lo scontro tra le galere turche e quelle veneziane, dove da un lato vi è l’ammiraglio turco Alì Pascià in turbante e dall’altro il Capitan Grande Sebastiano Venier con il braccio alzato in segno di sfida.
La dinamicità del dipinto e la straordinaria vitalità coloristica sono di grande impatto visivo. Si osserva la capacità dell’artista di fa rivivere le apprensioni e il clima vissuto all’epoca della battaglia. L’opera è caratterizzata da una scena articolata e complessa; il pittore ha avuto una grande maestria nell’esaltare le azioni di ogni singolo protagonista. Uomini disperati nel tentativo di salvarsi aggrappandosi alle galee, il vento che scuote le bandiere e spira sul mare, le nuvole gonfie e minacciose che coprono il cielo, sono uno scenario rappresentato dall’artista in maniera realistica e straordinaria. Si nota l’influenza che ha avuto Tintoretto sul pittore, soprattutto per l’accostamento dei colori, per la resa dinamica del dipinto e per aver riprodotto lo scontro come una scena teatrale dove lo spettatore si sente coinvolto realisticamente.
Il Palazzo Ducale di Venezia un fastoso capolavoro unico al mondo, dimora del Doge e sede del potere della Serenissima Repubblica.Racconta ancora l’autore Marco De Luca (cap. XVII – pag.164):
“Sabato pomeriggio. Nessuna traccia di vita umana all’interno del Palazzo Ducale, e poche guardie in servizio. Nulla sembrava in grado di turbare una quiete così densa e ovattata. Non era certo quello il momento della settimana in cui l’attività ferveva di più, nell’edificio che era il cuore dell’amministrazione della Serenissima.”
Il Palazzo dei Dogi, più conosciuto come Palazzo Ducale, è una delle sedi del potere più imponenti e dall’aspetto scenografico che sia mai esistita, esso ha ospitato uomini che hanno creato la storia di Venezia. Le due facciate del palazzo, una prospiciente sulla parte inferiore di Piazza San Marco e l’altra rivolta verso il bacino, possiedono una pregiata decorazione arricchita da intarsi marmorei rosa, da eleganti trafori quadrilobati, dagli archi inflessi nella loggia. Inoltre i merli che s’innalzano come coronamento ingentiliscono il profilo; le statue e i pinnacoli del balcone contribuiscono a dare un aspetto sontuoso a questo capolavoro ammirato da secoli.
Nel celebre racconto “La morte a Venezia” dello scrittore tedesco Thomas Mann, pubblicato nel 1912, l’autore si lascia trasportare dall’emozione, immedesimandosi nel pensiero di un viaggiatore che sta raggiungendo il bacino di San Marco “Eccolo ancora una volta davanti a lui, l’approdo indescrivibile, l’abbagliante insieme di fantastiche costruzioni che la Serenissima offriva allo sguardo ammirato del navigatore in arrivo: la meraviglia lieve del Palazzo e il Ponte dei Sospiri, le due colonne sulla riva col leone e il santo, il fianco splendente del tempio favoloso…”
Il Palazzo in passato sede del potere, possiede un’inestimabile ricchezza culturale, appartenente alla storia delle istituzioni della Repubblica di Venezia, con le sue preziose sale e pregiatissimi dipinti, ogni suo angolo è permeato di significati e simboli.
Nell’810 il ducato veneziano si trasferì da Malamocco a Venezia, dove in origine fu un castello fortificato con torri angolari e corte interna isolato da canali; la costruzione attuale è il frutto di una lunga serie di modifiche e ristrutturazioni durato alcuni secoli. Per quasi mille anni la Sede del podtere fu il simbolo della Repubblica, la residenza del doge e luogo delle più importanti attività politiche; fu distrutto da vari incendi e ricostruito in stile veneto-bizantino nella seconda metà del XII secolo e ampliato alla fine del duecento. Negli anni il palazzo subì nuovi ampliamenti che interessarono altre ali della struttura.
In esso sono presenti una grande quantità di capolavori d’arte, atti a celebrare le vicende della Serenissima Repubblica, su richiesta ed approvazione degli organi di governo. Ogni opera d’arte è stata creata con un senso e un significato per la Serenissima; i capolavori furono compiuti dai più stimati artisti veneziani, tra i quali Jacopo e Domenico Tintoretto, Francesco Bassano, Paolo Veronese, Giambattista Zelotti, Andrea Vicentino, Antonio Vassilacchi, Tiziano Vecellio e Jacopo Palma il Giovane.
La conformazione del Palazzo è molto complessa e articolata, considerando inoltre che, ogni sala è arricchita da una grande quantità di opere d’arte, alquanto pregevoli, vi è la necessità di compiere alcuni approfondimenti in merito. Pertanto, con la speranza di riuscire a soddisfare le curiosità degli amanti per questa splendida città, nei prossimi articoli saranno analizzati e descritti, alcuni ambienti e capolavori del Palazzo da sempre ritenuto il nucleo culturale per eccellenza.
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