Curiosità Viaggio nella storia

Non è l’Ariston, ma anche sul palco di TSD si (ri)scoprono canzoni!

Stasera inizia il Festival di Sanremo, la kermesse canora italiana che da settant’anni vede avvicendarsi, sul palco del Casinò prima e del Teatro Ariston poi, canzoni e cantanti… canzoni che avranno successo, altre verranno subito dimenticate. E come per tutte le cose, meritevoli e non, ci sarà la Storia a mantenere vivo il ricordo, fosse anche solo di una menzione, o di un plauso. E noi di TSD oggi, armati di elmetto da archeologo, andiamo a rovistare tra le rovine della musica, alla ricerca della prima canzone della Storia. Tenetevi forte, perché per ascoltare la prima canzone della Storia il viaggio nel tempo è veramente lungo. Andiamo nel 1400 a.C. in Siria alla scoperta dell’inno a Nikkal: è questa la prima canzone della Storia, e ha per protagonista una divinità, la divinità dei frutteti. L’inno a Nikkal è uno degli inni sacri (in totale ne sono stati ritrovati 36) e fa parte di una collezione di tavolette – le canzoni Hurrite – ritrovate nel 1950 nel Palazzo Reale di Ugarit, presso il sito Ras Shamra, in Siria e incise in carattere cuneiforme. L’inno a Nikkal, però, è l’unica tavoletta che risulta quasi completa ma è, diversamente dalle altre, una composizione anonima. Infatti, mentre i nomi di alcuni altri compositori di tavolette semi-distrutte sono noti – e sono Tapšiẖuni, Puẖiya(na), Urẖiya e Ammiya – il nome dell’autore della tavoletta dell’inno a Nikkal – e denominata “H.6”  – è ignoto. Richard Dumbrill, professore di archeologia musicale all’Università di Babylon ad al-Ḥilla, in Iraq, che da decenni studia queste tavolette, ha cercato di “tradurre” questa canzone che riporterebbe la storia di una ragazza che non può avere figli, e crede che la ragione sia un suo cattivo comportamento, che però non è menzionato. Dice Dumbrill: «Da quello che possiamo estrapolare dal testo, che è abbastanza limitato, la ragazza va a pregare di notte Nigal, alla quale offre un cestino di semi di sesamo, e questo è tutto quello che sappiamo». Volete avere un’idea dell’inno a Nikkal? Micheal Levy, musicista e studioso di melodie antiche, l’ha eseguita con la lira. Potete ascoltarla qui Ma se dell’inno a Nikkal abbiamo solo una interpretazione e quindi regsitrazione postuma (e recente), quand’è che si è iniziato a registrare le canzoni? Dal 1400 a.C. balziamo nell’Ottocento. Un salto poderoso, certo, ma è qui che dobbiamo arrivare per avere la registrazione più antica della voce umana. Scoperta solo pochi anni, “Au Clair de la Lune”  è una canzone popolare francese del XVIII secolo (L’autore è sconosciuto, ma a volte viene attribuita a Jean-Baptiste Lull). Poche righe di questa canzone furono cantate da una donna e registrate su carta con un fonautografo nel 1860 da Édouard-Léon Scott de Martinville. Prima di Edison, Scott de Martinville aveva scoperto come fare le registrazioni, ma non sapeva come poi riprodurle. Oltre 100 anni dopo, nel 2008, la registrazione è stata convertita nuovamente in suono. Piuttosto sorprendente, nonostante la registrazione sia piuttosto graffiante e un po’ inquietante, perché il tempo passato rende difficile sentire quella voce ultracentenaria (qui potete ascoltare la registrazione). Una canzone popolare, dicevamo, un testo perciò semplice i cui primi versi recitano
(FR)«Au clair de la lune Mon ami Pierrot Prête-moi ta plume Pour écrire un mot Ma chandelle est morte Je n’ai plus de feu Ouvre-moi ta porte Pour l’amour de Dieu (IT)«Al chiaro di luna amico mio Pierrot Prestami la penna per scrivere un messaggio La mia candela è spenta Non ho più da accendere Aprimi la porta Per l’amor di Dio.
Dal 1860 in poi ci sono state diverse altre registrazioni musicali di altre voci, come una registrazione su stagnola di Thomas Edison ma dopo “Au claire de la lune” la successiva canzone registrata conosciuta è del 1888: fu allora che la registrazione di Arthur Sullivan, “The Lost Chord” (se volete ascoltarla cliccate qui), fu presentata alla conferenza stampa a Londra per conto dell’introduzione della versione perfezionata di Edison del fonografo. E l’opera? La prima vera e propria opera di cui esiste un registarzione è l’opera di Beethoven “Romance Op. 50” è una registrazione fatta a  Berlino il 13 settembre 1889 eseguita da Herr Krahmer (violino) e Herr Schmalfuß (pianoforte). Sembra, oltretutto, che questa sia anche la prima registrazione di una opera di Beethoven stesso, fatta in un’epoca in cui diverse persone che avevano conosciuto Beethoven erano ancora vive. Potremmo star qui a parlare ancora di dischi e di grammofono, e di 78 giri… ma queste sono invenzioni e di queste parleremo in altre occasioni. Smettiamo ora l’elmetto da archeologo, scrolliamoci di dosso la polvere del tempo, lasciamo i fruscii delle prime incisioni fonografiche e ritorniamo al presente, certi che la musica, come la Storia, come le parole, saranno lì pronte a rivelarci aspetti e curiosità che noi, a nostra volta, registreremo nella nostra memoria, nei nostri libri, nella nostra Storia.
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