Antichi misteri Curiosità Viaggio nella storia

L’enigma di Kaspar Hauser – parte seconda

A cura di Storie su Misura Ben ritrovati amici di TSD! Dove eravamo rimasti al termine della prima puntata sull’enigma di Kaspar Hauser….? Dove aveva vissuto Kasper Hauser fino al suo arrivo a Norimberga? All’inizio si pensò che Kaspar Hauser fosse cresciuto in mezzo alla foresta, ma durante diverse conversazioni con le persone a cui venne affidato, il ragazzo raccontò un’altra versione della sua infanzia. A quanto pareva aveva vissuto in una stanza lunga un paio di metri e larga uno, completamente buia, con un giaciglio di paglia e con alcuni animali giocattolo in legno. Hauser raccontò anche di trovare tutti i giorni pane e acqua accanto al suo giaciglio. Aggiunse che, periodicamente, l’acqua aveva un sapore più amaro, che gli causava un sonno più pesante. In tali occasioni, si risvegliava con la paglia del giaciglio cambiata e le unghie e i capelli tagliati Fu così possibile ricostruire la sua storia: aveva passato gli ultimi dodici anni in una cella buia, incatenato al pavimento. Il solo contatto era costituito da un uomo che gli portava il cibo e lo picchiava appena faceva qualche rumore che potesse rivelarne la presenza. Kaspar Hauser costituiva un enigma apparentemente indecifrabile per le autorità e i medici. Non era pazzo come si era creduto all’inizio. Non conosceva la maggior parte delle parole, gli oggetti di uso comune e i fenomeni naturali più ovvi: la prima volta che vide la fiamma di una candela, estasiato, tentò di prenderla ustionandosi le dita. Come i bambini piccoli, cercava di afferrare qualsiasi oggetto luccicante e piangeva se non riusciva a raggiungerlo. Manifestava una violenta repulsione per qualsiasi cibo che non fosse pane o acqua. Quelle erano evidentemente le uniche cose di cui si era nutrito nella sua vita precedente. Il suo vocabolario contava cinque o sei parole, la più importante delle quali era “cavallo”. La ripeteva continuamente, spesso in modo accorato, quasi nostalgico. Così, un giorno, uno dei poliziotti che lo aveva in custodia gli regalò un cavallino bianco di legno. Alla vista di quel giocattolo, Kaspar uscì di colpo dallo stato di apatia in cui trascorreva la maggior parte del tempo. In silenzio, con il viso sorridente rigato di lacrime, si sedette a terra accanto al cavallino e cominciò a vezzeggiarlo come se fosse un amico ritrovato. Col tempo, Kaspar divenne un’attrazione. La gente veniva a vederlo da tutta Norimberga, dalle altre città della Baviera e della Germania, dall’intero continente, tanto che un giornalista gli diede questo appellativo: das Kind von Europa, “il fanciullo d’Europa”. Lentamente Kaspar cominciò a incamerare parole, concetti, cognizioni, finché non fu in grado di esprimere in modo sommario ma compiuto i propri pensieri. Allora i suoi tutori provarono a interrogarlo, per tentare di risolvere l’enigma del suo passato. E Kaspar raccontò quanto segue, prima a voce e poi – quand’ebbe imparato a scrivere – su carta. Non conosceva la sua identità e il suo luogo di nascita. Solo una volta arrivato a Norimberga aveva scoperto che esistevano altri esseri umani e altre creature, oltre a lui stesso e all’“uomo da cui era sempre stato”. La sua memoria era offuscata, ma ricordava di aver sempre vissuto in un “buco” (probabilmente una cella o un’angusta stanzetta), seduto a piedi scalzi sul pavimento. Prima di Norimberga non aveva mai visto il cielo né aveva mai incontrato nessuno. Nel buco aveva come unica compagnia due cavalli di legno e vari nastri: trascorreva le ore adornandoli o facendoli correre accanto a sé. Così ogni giorno per anni e anni. Un giorno, quello stesso uomo si era presentato con un tavolino e un foglio; poi, tenendosi dietro le spalle di Kaspar per non farsi vedere, gli aveva messo in mano una matita e gli aveva mostrato come usarla. In seguito, sempre tenendolo da dietro, gli aveva insegnato come comminare. Infine  lo aveva trascinato fuori dalla cella, gli aveva ordinato di tenere lo sguardo abbassato e lo aveva portato fin nei pressi di Norimberga. Lì Kaspar era stato abbandonato, con gli stivali bucati e la lettera. Il 28 maggio 1828 Kaspar Hauser venne presentato al medico legale di Norimberga, il dottor Preu, a cui spettava il compito di valutare se si trattasse  di un malato o di un truffatore. Il dr. Preu era un fenomenologo imparziale, sempre all’erta, costretto dal suo mestiere a mostrarsi subito scettico. Le osservazioni che fece su Kaspar Hauser lo portarono immediatamente alla convinzione di essere in presenza di un caso unico, mai studiato nel suo genere fino ad allora. Ecco come riassunse nel rapporto il risultato delle sue osservazioni: «Quest’uomo non è né folle né ritardato, ma evidentemente è stato allontanato per forza e con la più grande crudeltà da ogni contatto con gli uomini la società». Preu fondava il suo rapporto di esperto su osservazioni perfettamente obiettive. Citiamone una che risulta dalla sua diagnosi del problema alle gambe di Kaspar: «Le due ginocchia hanno una forma strana. I condili della coscia e della gamba si ritraggono fortemente verso dietro e cedono verso avanti contemporaneamente alla rotula. Di conseguenza, quando Hauser si siede su uno suolo piatto, i piedi poggiano così fortemente sul suolo nella zona dei garretti, che non si può nemmeno far scorrere sotto un foglio di carta, mentre con altre persone vi si può introdurre agevolmente il pugno chiuso. Si può confrontare questa particolarità strana con un’altra che si nota quando Hauser è nella posizione citata sopra: infatti egli tiene allora la schiena del tutto dritta ed allunga le sue braccia liberamente dinanzi a sé, mentre in questa posizione del corpo e delle mani ogni altro uomo è forzato a curvare la schiena». Questa osservazione era particolarmente importante perché confermava le dichiarazioni ulteriori di Kaspar Hauser sulla sua detenzione. Inoltre essa costituiva un altro mezzo per determinare l’epoca della sua carcerazione nella prigione già descritta. Era chiaro che una tale deformazione poteva  essere stata provocata, con una lunga stazione seduta, soltanto in un piccolo bambino le cui ossa sono ancora flessibili. Nel suo corpo, nelle sue ossa, egli portava l’impronta materializzata della sua prigionia. Ulteriormente, Preu raccolse tutte le sue constatazioni di ordine medico in un rapporto circostanziato in data 3 dicembre 1830. Ecco la conclusione generale: «Fin dalla più tenera infanzia Kaspar Hauser è stato veramente tenuto lontano dalla società degli uomini e rapito, nascosto agli occhi di tutti, in un luogo in cui la luce del giorno non poteva penetrare; ed è rimasto in questo stato fino al momento in cui, improvvisamente, apparve fra noi come se fosse caduto dal cielo. Il che, dal punto di vista anatomico e fisiologico, porterebbe la prova che Kaspar Hauser non è venuto da noi come truffatore». La storia di Kaspar non è ancora finita. Continuate a seguirci e non perdetevi la terza e ultima parte di questo racconto incredibile.   Fonti : Kaspar Hauser: l’incredibile Mistero del “Fanciullo d’Europa” dell’800  – Matteo  Lancellotti KASPAR HAUSER (o la lotta per lo spirito) Ed. L’Opera – 1997 – Peter Tradowsky La leggenda di Kaspar Hauser – Davide Manuli Kaspar  Hauser. Un delitto esemplare contro l’anima – Anselm von Feuerbach

Che ne pensi di questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.