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L’intervista di TSD – Filippo Iannarone

Filippo grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande e per il tempo che ci hai dedicato. Conosciamolo meglio…  Nasce a Roma il 7 Luglio 1954, frequenta la scuola dei Gesuiti “Massimiliano Massimo”, dove consegue la maturità classica con il massimo dei voti. Nel Luglio 1977 si laurea con il massimo dei voti in Giurisprudenza all’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi in Storia del Diritto Italiano e prosegue studi e ricerche storiche sulla giurisdizione criminale nel XVI secolo presso l’Archivio Vaticano e presso la “Scuola di Paleografia, Diplomatica e Codicologia”. Nel 1978 è vincitore di un master alla Scuola Superiore di Studi e Tecnologie Avanzate (SOGESTA) di Urbino e inizia a lavorare nel gruppo ENI come “esperto in relazioni industriali e sindacali” e procuratore speciale del Presidente di AgipPetroli s.p.a. Nell’Ottobre del 1982 crea un proprio studio legale e di consulenza per imprese del settore pubblico dell’economia e svolge diversi incarichi di consulente legislativo in sede parlamentare. Nel 1988 conclude l’esperienza professionale e diventa imprenditore convertendo in hotel di segmento premium un’importante dimora storica con annessa azienda agricola in Umbria Dal 2001 e fino al 2007 è cooptato in rappresentanza di 24 hotel in Italia nel Consiglio Direttivo di una catena alberghiera internazionale con sede a Frankfurt. Nel 2005 è eletto Vice-Presidente di Confindustria Alberghi per la regione Umbria e nel 2008 Consigliere Nazionale di Confindustria Alberghi. Nel Marzo 2013 ha alienato tutte le sue imprese a un importante gruppo economico di Taiwan (ROC). Vive con la moglie Rosemarie a Bad Honnef in Nordrhein-Westfalen. A febbraio 2018 ha pubblicato con Piemme Edizioni Gruppo Mondadori “Il complotto Toscanini” (prima ristampa dopo due mesi). A gennaio 2019 nuova pubblicazione con GEDI nella colonna Passione Noir. Alla Frankfurt Buchmesse 2018 “Il complotto Toscanini” è stato scelto tra le migliori cinque storie vere meritevoli di adattamento cinematografico. Il 1°ottobre 2018 entra nella terna finalista del Premio Internazionale di Letteratura Città di Como. Abbiamo letto che sei di Roma, ma vivi a Bad Honnef, in Germania. Ti sei trasferito da molto? Ha influito sulla decisione di diventare anche uno scrittore? Sono nato a Roma e qui ho compiuto tutti i miei studi di base dagli anni scolastici presso la scuola dei Gesuiti a quelli universitari alla Sapienza facoltà di Giurisprudenza, alla Scuola Vaticana di Paleografia, Archivistica Diplomatica. Da alcuni anni vivo In Germania per alcuni semplici motivi: mia moglie è tedesca; come il resto della famiglia la nostra nipotina è nata qui; mi piace la Germania sin dal mio primo soggiorno nel 1971, all’epoca ero in Germania Ovest e sulle autostrade c’era la doppia segnaletica civile e militare; i servizi e l’organizzazione che qui regolano molti aspetti di vita quotidiana corrispondono al mio habitat ideale, con certezze, sicurezze, solidità e efficienza. Ho sempre avuto desiderio di scrivere storie: sin da bambino a scuola scrivevo “pensierini” che divenivano brevi racconti, storie e storielle di fantasia. Poi ho iniziato a scrivere articoli e reportage per alcuni giornaletti scolastici: per anni anche durante gli studi universitari ho frequentato la redazione di un quotidiano. I miei professori di liceo consigliarono i miei genitori di permettermi di continuare gli studi per scrivere: la severità di mio padre, medico e professore universitario, prevalse e feci la scelta razionale e responsabile di studiare giurisprudenza seguendo una tradizione familiare di avvocati, magistrati e notai. Ho impiegato più di trenta anni per lasciarmi alle spalle le diverse esperienze professionali: quando ho avuto certezza dell’assenza di una ragionevole probabilità di successione generazionale ho deciso di alienare le mie aziende e affidarle a un acquirente di comprovata solidità finanziaria, attento alle tematiche occupazionali come ai valori della bellezza e della cultura. Da allora ho lasciato aprirsi un tempo nuovo: quello della libertà da impegni, responsabilità, agende di lavoro. Negli ultimi cinque anni ho diretto la vita seguendo i miei desideri: scrivere storie, far leggere le mie storie è il desiderio più forte ed importante. Sempre curiosando in rete abbiamo appreso dei tuoi studi sulla giurisdizione criminale nel XVI secolo presso l’Archivio Vaticano. Ci puoi raccontare qualche aneddoto? I rapporti tra Stato e Chiesa costituiscono un tema affascinante in ogni epoca storica. Su consiglio del mio docente di storia del diritto italiano, il compianto professor Aldo Mazzacane, individuai una nicchia storica dell’esercizio della giurisdizione criminale laicale a Roma nel ‘500 allora non ancora studiata: la biblioteca Apostolica Vaticana, l’Archivio Vaticano e l’Archivio di Stato di Roma erano i gelosi custodi di una pressoché inesplorata notevole mole documentale: in particolare lo studio della curia maleficiorum, della sua giurisdizione e delle procedure applicate fu tema del mio studio in uno con alcuni processi esemplificativi della prassi giudiziaria seguita. Una curiosità: la maggior parte dei pontefici succedutisi in quel periodo aveva dedicato molta più attenzione e lavoro verso la legiferazione del diritto criminale a Roma e nel dominio pontificio che non a temi religiosi e teologici. Ci sono altri hobby e passioni che in qualche modo hanno influito sulla trama del tuo romanzo? Il mio hobby e passione per la lettura si è presto coniugato con l’amore per la musica. Sin da ragazzo ho iniziato a frequentare teatri lirici e sale da concerto. La musica è anche la mia compagnia quotidiana: mentre scrivo ascolto sempre musica. Ho una spiccata preferenza per la musica barocca. Ho sempre viaggiato: a dieci anni feci il mio primo viaggio in Francia e Spagna senza i miei genitori, ma con la guida di alcuni professori della scuola, eccellenti guide e maestri di conoscenze. Ho viaggiato molto in Medio Oriente: uno dei miei crucci è la distruzione del patrimonio monumentale siriano e iracheno, bellezze che non rivedrò mai più. Parlaci un po’ di te, delle tue letture, dei tuoi generi preferiti. Ogni scrittore è anche un lettore, cos’è per te leggere? Ho sempre avuto passione per la lettura. Alla domanda di quale sport praticassi avevo una sola risposta: la lettura. Credo di essere tra i pochi al mondo a essersi fratturato da ragazzo un braccio leggendo: l’intensa concentrazione mi aveva fatto astrarre completamente fino a perdere l’equilibrio e rovinare a terra con tutto il peso sul mio braccio sinistro, vacanze estive rovinate ma libro salvo e letture garantite per tutta quell’estate senza altre distrazioni. La lettura è essenziale, fondamentale, imprescindibile: chi non legge rovina sé stesso, chi non legge sta peggio di coloro che abbandonano scuole e studi, chi non legge nutre l’ignoranza, male malvagio e pericoloso per la qualsiasi comunità, per la società, per tutti. La storia cosa rappresenta per te? La storia è narrata anche e soprattutto dalle “scritture delle memorie” – così mi piace definirle – fondamentali anche e forse soprattutto nel tessuto socioculturale contemporaneo per dare risposta alle note tre domande fondamentali. Noi siamo anche il nostro passato e non costruiremo il nostro futuro senza prenderlo come riferimento. In un’epoca di etica degli algoritmi io preferisco avere per guida le immortali parole di Cicerone «historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis» ovvero nella loro completezza concettuale «la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità.» “Il complotto Toscanini” è il tuo primo romanzo, può essere definito un noir storico. Com’è nata l’idea di scrivere su questo argomento, anche inconsueto, se vogliamo? Avevo maturato il proposito di scrivere un romanzo sul coraggio, sulla virtù del coraggio: la considero una dote necessaria da praticare quotidianamente, un riferimento continuo per valutare la qualità delle proprie azioni, il caposaldo di qualsiasi relazione affettiva e sociale. Non occorre coraggio per un corteggiamento amoroso? Oppure per proporre personali qualità nel lavoro, nella professione e nell’arte? Il coraggio è insito nell’attività di pensiero, coessenziale al cogito ergo sum, forza motrice dell’azione. Naturalmente ci sono particolari circostanze che richiedono iniziative di coraggio con quantità e qualità di tale virtù estrinsecate a livelli superiori. Questa è la storia che ho descritto nel romanzo dove lo spunto narrativo è nato dalla cronaca tramandata settanta anni dopo del terribile omicidio del dottor Rinaldi e del rapporto di fraterna amicizia con il maestro Arturo Toscanini. Ho appreso la vicenda di questo assassinio molti anni prima di potere iniziare il lavoro di scrittura del romanzo. Tra i personaggi del tuo romanzo: il maestro Arturo Toscanini, il colonnello Luigi Mari e il tenente Vinicio Barbetti, con chi ti riesce meglio identificarti? Con il maestro Arturo Toscanini condivido unicamente la passione per la musica, ma non per gli stessi compositori, e i principi di libertà e giustizia ai quali egli ispirò ogni sua iniziativa civile, in uno con generosi atti di generosità umana e non di mera filantropia. Al tenente Vinicio Barbetti mi accomuna l’entusiasmo alle iniziative che intraprendo, la dedizione al dovere e il desiderio di apprendere ogniqualvolta vi sia un’opportunità di accrescere le proprie conoscenze e esperienze. Il personaggio che ho nel cuore in questo e che verranno è il colonnello Mari e per motivi strettamente affettivi. Il personaggio di Luigi Mari e di sua moglie sono stati ispirati dalle memorie di due zii a me particolarmente cari: il generale Michelino Iannarone e sua moglie Iolanda. Ufficiale per scelta e vocazione, al pari del fratello maggiore e di quello minore, percorse la sua carriera negli anni del regime fascista. Compì anche studi universitari al di fuori dell’accademia militare, fu appassionato di storia, politica e filosofia. Amò i classici latini più di quelli greci, fu un dantista raffinato, aveva mandato a memoria innumerevoli versi della Comedìa. Dopo avventurose missioni al fronte fu inviato a Berlino presso il Comando Germanico dall’agosto ’42 al primo settembre ’43 come ufficiale di collegamento per il fronte orientale, la Russia. Rientrò a Roma al comando Forze Armate Egeo e dopo l’otto settembre si attivò con il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo per organizzare il Fronte Militare Clandestino di Resistenza. Assunse il comando della banda partigiana “Castelli Sud Lazio”, nota anche come primo raggruppamento, e la responsabilità dei difficili compiti di intelligence. Sfuggì alla cattura da parte della Gestapo e dei fascisti in modo rocambolesco, soccorso e salvato da Iolanda, la partigiana che diventerà due anni dopo sua moglie. A causa dell’infermità da causa di servizio la sua carriera militare terminò. Gli zii sono stati protagonisti della mia infanzia e adolescenza. Non c’era domenica senza gli zii, non c’era gita in automobile senza loro. Passavo molto tempo anche da loro. L’atelier della zia vicino via Veneto mi incuriosiva ogni volta: le macchine da cucire infaticabili, le lavoranti a tagliare e ricamare, i manichini drappeggiati e le scansie di stoffe colorate. Salivo a casa degli zii e dal loro balcone era un gran divertimento guardare in giù il viavai all’hotel Excelsior, il traffico delle automobili davanti ai caffè, i turisti con le macchine fotografiche. Le narrazioni dello zio Michelino avevano conquistato le mie fantasie dalle favole di La Fontaine ai tre moschettieri, da Mompracem a mister Fogg. Lo zio mi aveva soprannominato “e allora?” poiché non mi arrendevo alle conclusioni dei racconti, pretendevo continuassero sempre, senza sosta per tutto il giorno fino a cadere sfinito nel sonno sul divano accanto al grammofono. Poi arrivarono gli insegnamenti di storia, le cronache di guerra, le tragedie dell’occupazione di Roma e ancora molto altro. Quanto tempo hai impiegato, e come ti sei documentato, per definire i due periodi storici trattati nel tuo romanzo? Quando decisi che la storia del dottor Rinaldi e di Arturo Toscanini avrebbe potuto ben sostenere una narrazione imperniata sul coraggio iniziai a documentarmi leggendo numerose biografie del maestro Toscanini, da Harvey Sachs a Piero Melograni, e alcune pubblicazioni sul dottor Rinaldi. La particolarità della nomina a senatore a vita, il degnissimo gran rifiuto di Toscanini mi hanno suggerito di immaginare l’indagine che narro nel romanzo. I documenti presenti nell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica mi sono stati utili, ma certamente descrivono un iter burocratico più che poliziesco. La reale preoccupazione di chi compì quelle attività di indagine era comprendere se il maestro Toscanini avesse mantenuto il requisito della cittadinanza italiana, aspetto formale quindi e non sostanziale. Il lavoro di raccolta e preparazione dei materiali utili si è basato su letture con alcune rarità di biblioteca come quelle presenti all’Archiginnasio di Bologna e molta ricerca su emeroteche dei quotidiani negli anni tra il 1930 e il 1938 per il fascismo e degli anni tra il 1947 e il 1950 per il periodo della ricostruzione postbellica. Anche l’Archivio Luce e altri archivi fotografici sono stati di grande utilità. Debbo aggiungere che ho effettuato numerose interviste anche con coloro che avevano ancora la memoria diretta di quei periodi per vissuto personale o per testimonianza ricevuta nell’ambito famigliare. Ho dovuto supplire anche a alcune mie personali lacune come a esempio la cronistoria del giro d’Italia del 1949 che si interseca con l’indagine del romanzo. Quanto alla tempistica di lavorazione del romanzo rispondo distinguendo tre fasi: la ricerca bibliografica e documentaria mi ha impegnato per quasi un anno prima dell’avvio della scrittura; la stesura con un’originaria divisione in diciassette capitoli oltre prologo e epilogo ha richiesto otto mesi; l’attività di editing in periodi diversi e la scrittura di alcuni nuovi capitoli è avvenuta in circa quattro mesi. È già previsto un seguito a “Il complotto Toscanini”? Sono intento all’ultima fase di scrittura del secondo romanzo della trilogia iniziata con “Il complotto Toscanini”. Ho completato la fase di ricerche bibliografiche e documentarie, compiuto i sopralluoghi in Italia e all’estero. Nel prossimo romanzo il lettore ritroverà tra i protagonisti principali il colonnello Luigi Mari con la moglie Iolanda e il fedele tenente Vinicio Barbetti. Nell’ultima parte de “Il complotto Toscanini” edito da Piemme Mondadori i lettori possono già trovare, in due distinti capitoli, alcune anticipazioni della vicenda che darà avvio a una nuova investigazione su un incredibile misterioso episodio della storia italiana tra il 1945 e il 1949. Un indizio in più? Sulle sponde di un lago in Piemonte… Grazie per averci parlato un po’ di te, delle tue letture, della tua vita fuori e dentro dal tuo romanzo. Sara e Roberto
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