Articolo a cura di Mara Altomare
ll 6 luglio 1907 nacque a Coyoacan, in Messico, Frida Khalo.
Tuttavia Frida sostenne sempre che il suo anno di nascita era il 1910: non lo faceva per sentirsi più giovane, ma per evidenziare che era nata mentre la Revolución scoppiava e travolgeva il vecchio mondo. Una rivendicazione, un’identificazione totale con l’anno fatidico che aveva mutato il corso della storia messicana, la rivoluzione di cui lei si sentiva parte ed essenza. In ogni caso, questo è un giorno che merita di essere ricordato e celebrato, e in onore di Frida dovremmo farlo con questa frase: “¡Viva la vida!”
“¡Viva la vida!” … e il nome:
Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderon. I primi due nomi le furono dati perché potesse essere battezzata con riferimenti cristiani, il terzo, usato in famiglia, significa “pace” in tedesco.

Frida dipinse nel 1936 la propria nascita e il proprio albero genealogico in un quadro semplice, diretto e stravagante: “I miei nonni, i miei genitori e io”. In quel quadro la rappresentazione di sé era quella di una bimba di due anni, nuda e in piedi, con in mano un nastro che unisce la linea del suo albero genealogico: i nonni materni di Frida, i Gonzales, cioè l’indiano Antonio Calderon e la moglie di estrazione spagnola Isabel, posti sopra la madre; dalla parte del padre la coppia europea Jacob Heinrich Khalo e Henriette Kaufmann Khalo.
Ecco l’origine della caratteristica fisica più singolare di Frida: lo sguardo e le pesanti sopracciglia unite al centro, che le vengono dalla nonna paterna. E lo sguardo del padre, Guillermo Khalo, inquietante e intenso, ricomparirà più avanti negli occhi della figlia. I nonni messicani sono simboleggiati dalla terra, quelli tedeschi dal mare. Frida sta in piedi al centro della sua casa, al centro del Messico, al centro del mondo.
“¡Viva la vida!” e gli autoritratti
Frida possedeva una bellezza che si concentrava negli occhi, profondi da dare un senso di vertigine e smarrimento; uno sguardo capace di incantare, accarezzare, infondere tenerezza. Il tratto distintivo della sua immagine fu il monociglio: considerato da tutti un difetto, fu da lei trasformato in un dettaglio coraggioso, mostrato con fierezza, riflesso della sua personalità forte, simbolo della sua consapevolezza, segno della sua ribellione contro le aspettative sociali. E’ uno sguardo che ancora oggi trasmette un messaggio forte, di autostima e di accettazione del proprio corpo.

“¡Viva la vida!” … e l’incidente
Frida fu vittima di un grave incidente stradale nel 1925, a Città del Messico. Aveva 18 anni. Mentre tornava a casa, l’autobus su cui viaggiava si scontrò con un tram. Le conseguenze furono gravissime per lei: la colonna vertebrale le si spezzò in tre punti nella regione lombare; si frantumò il femore e le costole; la gamba sinistra riportò 11 fratture e il passamano dell’autobus le trafisse l’anca sinistra; il piede destro rimase slogato e schiacciato; la spalla sinistra restò lussata e l’osso pelvico spezzato in tre punti.
Subì 32 operazioni chirurgiche. Dimessa dall’ospedale, fu costretta ad un riposo forzato nel letto di casa, col busto ingessato. Dopo che le fu rimosso il gesso riuscì a camminare, con dolori che sopportò per tutta la vita.
L’incidente segnò profondamente la sua vita e la sua arte, ma fu proprio questo evento a dare un senso alla sua pittura, che diventò per lei strumento di espressione e di elaborazione del dolore.

«Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.»
“¡Viva la vida!” e l’amore tormentato
Frida divenne un’attivista del Partito Comunista Messicano partecipando a numerose manifestazioni e fu così che incontrò e si innamorò di Diego Rivera, pittore e muralista di ideologia comunista. Nel 1929 lo sposò (lui era al terzo matrimonio), pur sapendo dei continui tradimenti a cui sarebbe andata incontro.
Il suo dispiacere maggiore fu quello di non aver avuto figli. Conseguentemente alle sofferenze sentimentali ebbe anche lei numerosi rapporti extraconiugali, comprese varie esperienze omosessuali. Ebbe numerosi amanti, di ambo i sessi, con nomi che nemmeno all’epoca potevano passare inosservati: il rivoluzionario russo Lev Trockij e il poeta André Breton, fra i tanti altri e altre.
Ancora dolore e nonostante tutto ancora “¡Viva la vida!”

Frida quasi strangolata dai suoi stessi capelli, disperata e in lacrime per i continui tradimenti, rappresentò in “Diego ed io” l’immagine del marito incastrata al centro della sua fronte, al centro dei suoi pensieri.
“Mio Diego, specchio della notte, i tuoi occhi sono spade verdi dentro la mia carne, onde tra le nostre mani. Tu sei tutte le combinazioni di numeri. La vita. Tu riempi e io ricevo. La tua parola riempie tutto lo spazio e raggiunge le tue cellule, che sono i miei astri. Sei presente, intangibile e sei tutto l’universo nello spazio della mia stanza…”
“¡Viva la vida!” … e la natura morta
Frida dipinse nel suo ultimo quadro angurie rosse in contrasto con il cielo azzurro: tra i più popolari frutti messicani, le rappresentò intere, a metà, a quarti, spaccate…i frutti fatti a pezzi parlano dell’imminenza della morte, ma il loro rosso vivo è un omaggio alla pienezza della vita…

Otto giorni prima di morire, quando la fine era ormai prossima, Frida intinse il pennello in una vernice rosso sangue e scrisse il suo nome, la data e il luogo dove il quadro era stato dipinto. E non solo: lasciò un saluto che ci accompagna fino a oggi. E’ scritto in maiuscolo, e ora è immortale: ¡Viva la vida!
CONSIGLI DI LETTURA

Frida. Una biografia di Frida Kahlo
Hayden Herrera
Neri Pozza
Alla fine degli anni Novanta, New York è tappezzata di manifesti che raffigurano i quadri di Frida Kahlo. Un suo autoritratto viene venduto da Sotheby’s per oltre un milione e mezzo di dollari. A Hollywood si girano film sulla sua vita e i giornali di tutto il mondo la chiamano “la grande Frida” o “la regina di New York”. Come se non bastasse, anche il mondo del glamour ne va pazzo: vengono stampate magliette, cartoline, poster con la sua immagine, abiti e gioielli che ne ricalcano lo stile. Ma chi era veramente Frida Kahlo e perché si parla ancora così tanto di lei? Nata nel 1910 a Coyoacan, in Messico, Frida sembra un personaggio uscito dalla penna di Gabriel García Márquez: piccola, fiera, sopravvissuta alla poliomielite a sei anni e a un brutto incidente stradale a diciotto che la lascerà invalida, con tremendi dolori alla schiena che la perseguiteranno fino alla morte. Nella vita privata e nella produzione artistica, Frida è combattuta tra due anime: il candore, da un lato, e la ferocia, dall’altro; la poeticità della natura contro la morte del corpo. La vita di Frida è un viaggio che affonda nella pittura tradizionale dell’800, nei retablos messicani, in Bosch e Bruegel, ma che subisce prepotentemente il fascino degli uomini più potenti del suo secolo: come il muralista Diego Rivera (marito fedifrago che le rimarrà accanto fino alla fine) o Trockij (di cui diverrà l’amante) o Pablo Picasso…