Viaggio nella storia

Storia dei castelli d’Italia: il Castello di Otranto

Articolo a cura di Mara Altomare

La bellezza del Salento è legata indubbiamente ai suoi paesaggi, ma anche a cittadine dal patrimonio storico ed artistico di grande valore. Una di queste è Otranto, dove ancora si conservano i segni della storia e delle dominazioni subite, racchiusi negli edifici e nei monumenti del centro storico, cinto da mura che culminano nel magnifico Castello Aragonese, simbolo della stessa città.

Questo è un luogo speciale per gli amanti della storia e anche della letteratura, perché è qui che il celebre romanzo “Il Castello di Otranto”, scritto nel 1764 da Horace Walpole, ha trovato la propria ambientazione.

Si tratta di un libro che oggi è con giudizio unanime considerato capostipite del romanzo gotico, la prima opera fantastica della letteratura inglese moderna: da Ann Radcliffe ad Edgar Allan Poe, da Friedrich Shiller a Matthew Gregory Lewis, tutti, in qualche modo, si sono misurati con Walpole e le sue misteriose, inquietanti fantasie visionarie, tra spettri, elmi giganti, quadri parlanti, sotterranei labirintici..

La storia del castello risale all’XI secolo: in quella epoca la città era dotata di un forte, danneggiato gravemente nell’assedio subito nel 1067 e riparato e potenziato qualche anno più tardi per volere di Roberto il Guiscardo. Una successiva ricostruzione fu promossa nel 1228 da Federico II di Svevia; ma la vita del castello di Otranto è legata soprattutto al triste episodio dell’assedio dei turchi del 1480, in seguito al quale il Re di Napoli Ferdinando d’Aragona decise di ampliare con i torrioni dotati di cannoniere la struttura difensiva preesistente, tra il 1485 e il 1498.

L’impianto aragonese fu progettato da Ciro Ciri con la partecipazione di Francesco di Giorgio Martini, inglobando le fortificazioni sveve ed i miglioramenti introdotti dai Turchi, che avevano occupato la città per più di un anno (1480). L’aspetto attuale del castello si deve soprattutto a questi interventi. Più tardi i viceré spagnoli ne fecero un vero e proprio capolavoro di architettura militare, realizzando opere di difesa straordinaria volute nel 1535 da Don Pedro di Toledo. Sia sulle cortine esterne che all’interno dell’atrio sono presenti alcuni stemmi araldici di sovrani e nobili, protagonisti della storia del Castello. Particolarmente interessante quello posto sul portone d’ingresso con lo stemma scolpito dell’Imperatore Carlo V.

Il castello possiede una pianta pentagonale su cui affacciano tre torri circolari, dette “rondelle”, cui vennero assegnati i nomi femminili di Ippolita, Alfonsina (dal nome di Alfonso d’Aragona il liberatore della città) e Duchessa (forse la moglie del duca Alfonso). Queste tre torri, insieme al Castello, racchiudono l’antico borgo di Otranto. Forse non è casuale che tra i personaggi protagonisti del libro di Walpole ci sia Ippolita, moglie di Manfredi, che nel romanzo è il principe di Otranto.

Nel cuore delle rondelle, protette da una spessa cortina esterna, sono presenti ambienti a pianta circolare, coperti da cupole emisferiche in cui erano collocate bombarde e cannoni orientati verso bocche di fuoco comunicanti con l’esterno.

Sul quarto lato, campeggia una torre la cui punta appare protesa verso il mare, detto “Punta di diamante”.

Proprio da quel bastione, Punta di Diamante, che oggi regala la vista più bella sulla città, venivano scagliati in mare tutti coloro che tentavano la fuga: una corda legata al corpo, durante il lancio, tagliava letteralmente in due il corpo del povero malcapitato.

Oggi potrebbe essere interessante addentrarsi nel castello sfogliando le pagine del romanzo, e immedesimandosi nei suoi personaggi, vivendo con loro questi ambienti suggestivi, provare la stessa inquietudine e magari imbattendosi in qualche fenomeno ultraterreno…

Il castello è delimitato e circondato su tutti i lati da un profondo fossato che viene superato all’ingresso con un ponte, oggi con arco in pietra e calpestio in legno, probabilmente in origine di tipo levatoio. Un corridoio stretto immette direttamente nel cortile del piano terra. In questo cortile Walpole racconta che viene rinvenuto un corpo senza vita…

“Il servo tornò correndo, senza fiato e sconvolto, gli occhi spalancati e la schiuma alla bocca. Non parlava, ma indicava il cortile. L’assemblea fu presa dal terrore e dallo stupore. La principessa Ippolita, senza comprendere cosa fosse accaduto, svenne. Manfredi domandò imperioso cosa stesse succedendo. L’uomo non rispose, ma continuò a indicare il cortile; nel frattempo qualcuno degli ospiti era corso nel cortile, donde si udiva un confuso vociare, e urla di orrore e sorpresa…”

Il castello si sviluppa su due piani praticabili, posti a ridosso del perimetro del cortile, e attraverso una scala in pietra coperta e una scala esterna, sempre in pietra, si può raggiungere il ballatoio del primo piano, il quale garantisce l’ingresso ad una serie di ambienti che ricalcano la posizione del piano terra.

Walpole descrive la fuga della giovane Isabella inseguita da Manfredi nei meandri del castello tra fenomeni sovrannaturali…

“Manfredi, preso nel mezzo tra la fuga di Isabella, che aveva ormai raggiunto le scale, e l’impossibilità di staccare gli occhi dal dipinto che cominciava a muoversi, aveva mosso alcuni passi dietro alla ragazza, con lo sguardo ancora rivolto indietro verso il ritratto, quando infine lo vide staccarsi dal pannello e scendere sul pavimento con aria grave e malinconica”

“La dama, la cui risolutezza aveva lasciato il posto al terrore non appena si era allontanata da Manfredi, continuò la sua fuga fino ai piedi della scalinata principale. Là si fermò, non sapendo da che parte dirigersi, né come sfuggire all’impeto del principe. I cancelli del castello, lo sapeva, erano serrati, e nel cortile c’erano le guardie.”

Tutti gli ambienti del piano, sviluppati a ridosso delle cortine esterne, si affacciano sul cortile interno e sono coperti da sistemi a volta. All’esterno del quadrilatero originario si sviluppano due sale dalla peculiare forma a triangolo e rettangolo; sono ambienti tra i più rappresentativi dell’intera struttura, esempio dell’architettura militare di quel tempo, con pareti composte da tante pietre poste a spina di pesce.

“In quel momento il ritratto del nonno, che pendeva al di sopra della panca su cui si erano seduti, emise un profondo sospiro e sollevò il petto.
Lo spettro avanzava finché raggiunse il fondo della galleria ed entrò in una stanza a mano destra. Manfredi lo seguiva un poco da lontano, pieno di ansia e orrore, ma deciso a non fermarsi. Quando stava per entrare nella stanza la porta venne serrata con violenza da una mano invisibile… “

Al di sotto del piano terra si sviluppa un intrigo di cunicoli, gallerie e piccoli ambienti, che definisce il sistema dei “sotterranei”. Si tratta di ambienti di grande valore storico, molto suggestivi, rimasti immutati sin dalla loro costruzione. Ce ne parla anche Walpole:

“Nella parte inferiore del castello si apriva un vasto intrico di corridoi, un pauroso silenzio regnava in quelle regioni segrete, eccezion fatta per gli schianti causati di tanto in tanto dal vento, che sbatteva le porte attraverso cui ella passava, mentre il cigolio dei cardini arrugginiti echeggiava per tutto il lungo labirinto immerso nell’oscurità. A ogni fruscio si rinnovava il suo terrore; ma ancor più temeva di udire la voce adirata di Manfredi che incitava i domestici a inseguirla”

La Cappella, subito a destra dell’ingresso al piano terra, si presenta parzialmente affrescata e contiene al suo interno varie cornici ed epigrafi, tra le quali quelle della tomba di Donna Teresa De Azevedo, morta il 23 febbraio del 1707, alla quale il marito, Don Francesco de la Serna e Molina, castellano dell’epoca, dedicò un’ epigrafe indicandola quale “esempio di pudicizia, dea di bellezza, modello di onestà” 
Il romanzo di Walpole si apre proprio in questo luogo, con un matrimonio mancato:

“Gli ospiti erano riuniti nella cappella del castello e ogni cosa era pronta per l’inizio del divino ufficio, ma Corrado ancora non compariva…”

Visitare il castello di Otranto con il libro tra le mani è una grande opportunità per esplorare un luogo e una  città magnifica di cui possiamo vantarci, talmente affascinante che un autore straniero, lontano, proprio qui ha inaugurato un vero e proprio nuovo genere letterario.

“Camminava con passo leggero, per quanto glielo concedesse l’impazienza, ma ripetutamente si arrestava ad ascoltare se qualcuno la seguisse. In uno di tali momenti credette di udire un sospiro. Rabbrividì, e indietreggiò di alcuni passi. Subito dopo le parve di udire qualcuno camminare. Le si agghiacciò il sangue. Nella mente le si affollarono immagini dettate dall’orrore
Oh cielo! che rumore è stato?… È il vento che sibila tra i merli della torre lassù…”

IL CASTELLO DI OTRANTO – TRAMA BREVE PER ORIENTARSI

Il romanzo si apre con l’attesa delle nozze di Corrado, unico figlio maschio di Manfredi, principe di Otranto, con Isabella, figlia del marchese di Vicenza: ma il giovane non si presenta e Manfredi, impaziente manda un servo a cercarlo. Questi ritorna ammutolito dal terrore accennando solo che nel cortile del castello c’è un immenso elmetto piumato, caduto dalla scalinata sotto il quale giace senza vita il corpo di Corrado, schiacciato dal peso, un evento, sovrannaturale e sinistro, collegato ad una profezia.

Manfredi, invece di piangere il figlio morto, come fanno sua moglie Ippolita e l’altra figlia Matilda, manda a chiamare Isabella, la mancata sposa, e le annuncia che intende ripudiare la moglie per poterla sposare. La fanciulla, atterrita dalla proposta incestuosa e spaventata dall’atteggiamento improvvisamente aggressivo di Manfredi, fugge attraverso i sotterranei del castello.

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