Viaggio nella storia

I veleni nella storia

Articolo a cura di Ivana Tomasetti

Che significa la parola veleno? Definiamo veleno ogni sostanza che possa produrre danno al nostro corpo. Ma è proprio vero? Oggi pensiamo che qualsiasi medicinale possa definirsi veleno se introdotto nell’organismo senza controllo medico. Troppe medicine logorano il fisico eppure talvolta ci salvano la vita, come ad esempio i trattamenti chemioterapici, cos’è questa incongruenza? Potremmo vivere senza veleni?

In latino si chiama venenum e la sua radice è la medesima di Venere, dea dell’amore; all’inizio lo scopo è un filtro che agisca sull’amore. Un intervento per produrre beneficio? Attrarre l’innamorato. A parte lo scopo di manipolare la libertà della persona, anche il filtro d’amore costituisce una sorta di potere sul prossimo. Non sarà per questo che il mondo dei veleni ci affascina e ci incute timore, come una tela di ragno che ci attrae e ci mette nel pericolo che noi osiamo sfidare? I soggetti che con i loro alambicchi in una caverna buia e silenziosa (forse con una innocua cornacchia) o anche in una piccola alcova cinquecentesca, manovrano e diluiscono liquidi fumanti o erbe ridotte a polveri nel pestello, non sono forse ammantati da un alone di mistero? Chi può riconoscere la mano che porge il veleno? Magari l’amante o la madre per il suo stesso figlio? Chi non ricorda la moglie di Goebbels che, nel bunker di Berlino, uccide consapevolmente i propri sei figli con il cianuro prima di avvelenarsi lei stessa nel 1945, alla disfatta della Germania? Per non parlare di Nerone che si diede un gran da fare per avvelenare chi non gli andava a genio, uomini o donne che fossero.

Un’altra frase che dobbiamo ricordare è quella attribuita a Paracelso, un medico che visse nel XVI secolo: “Sola dosis venenum facit” (è la dose che fa il veleno). Infatti Mitridate del Ponto che aveva paura di essere avvelenato (dalla madre…), si era inventato di assumere il veleno a piccole dosi per diventarne immune. Una specie di rimedio per sviluppare un antidoto? Si dice che anche Rasputin conoscesse questa pratica. Sembra che valga anche per i morsi di cobra. Io però non proverei.

Prima di incamminarci nel nostro breve excursus storico dobbiamo ricordare che la morte data attraverso il veleno è facile (a suo modo), nascosta, sotterranea e intelligente. Chi meglio di una donna? Questo lo dicono gli uomini che preferiscono la spada, più cruenta, diretta e “responsabile”.

“Plus est hominem extinguere veneno, quam occidere gladio.” (È più grave uccidere un uomo con il veleno che con la spada). Le donne invece, sanno tramare nell’ombra e al posto della forza fisica, usano le mescolanze delle pozioni. Con le dovute eccezioni. Chi non ricorda Harold Shipman (1946 – 2004), un buon dottore inglese che uccise con la morfina più di 200 pazienti di una certa età? Questo caso ci riporta ad affermare che il concetto di veleno include quello di cura. La morfina non è anche un palliativo per il dolore?

Andiamo agli albori. Quando il genere umano avrà scoperto il veleno? L’uomo preistorico conosceva il veleno derivante dalle piante e lo usava per la caccia dei grandi animali, oltre che per la guerra ad altre tribù. L’aconito, ad esempio, era usato in Siberia per cacciare gli orsi. L’uso del veleno sulle frecce rendeva la caccia più efficace, riducendo il rischio di essere azzannati. I nostri antenati utilizzavano piante velenose già 30.000 anni fa; in uno scavo nei pressi di Granada, è stato scoperto un corpo con in bocca un seme di papavero da oppio. Scopo terapeutico o allucinogeno? Come non pensare alle antiche sacerdotesse che sviluppavano fumi “sacri”, prima di emettere le proprie profezie? Crediamo forse di essere i soli a possedere le capacità di alterare la coscienza? Che faceva la Pizia di Delfi, se non alterare la propria?

Così abbiamo allargato la sfera dei veleni alle sostanze allucinogene di grande attualità negli anni Sessanta, ma anche al tempo dell’antica Grecia, a testimonianza del fatto che passato e presente si incrociano dentro la storia dell’uomo, allo scopo di guarire, ma anche per arrivare a una qualche trascendenza verso il sacro, e per avere autorevolezza sopra i propri simili. Cannabis, giusquiamo, mandragora, stramonio, belladonna, cicuta, digitale, oleandro, mughetto, aconito, tasso per citare i più conosciuti. Chi non ricorda la fine di Socrate per mezzo della cicuta?

In un papiro rinvenuto a Ebers (Egitto) risalente al 1550 a.C. sono citate sostanze come il piombo, la canapa indiana, il giusquiamo, il papavero; in altri due papiri si parla delle proprietà tossiche delle mandorle amare. E dall’Egitto i sacerdoti, detentori dei segreti dei veleni, si sparsero fino in Babilonia e in Palestina. Addirittura scopriamo che nella Bibbia Salomone evidenzia l’uso dei veleni in certi giudizi di Dio verso le donne adultere!

Che dire di Ercole che superò le fatidiche 12 fatiche grazie al suo arco con le frecce avvelenate? E Medea che usò il veleno per eliminare la nuova sposa di Giasone, marito infedele?

A Roma antica il veleno arrivava dalla Tessaglia, dalla Colchide e dalla Spagna; data la misoginia del tempo, si pensava che una vedova fosse un’avvelenatrice. Quale causa di morte per il marito, altrimenti? E sembra che sotto il consolato di Flacco e Marcello si fosse formata un’associazione segreta di matrone romane che avvelenava secondo le necessità. Da cui la legge Cornelia che puniva con la morte avvelenatori e ciarlatani di ogni genere. Non dimentichiamo Locuste che diede a Nerone il veleno per suo fratello Britannico.

Dopo la caduta dell’Impero Romano l’uso dei veleni ebbe una pausa, ricominciò con vigore nel Medioevo! Trattati contengono ricette e informazioni sulla preparazione di pozioni, gli speziali dell’epoca ne fanno grande uso tra magia e superstizione. Ma è con il Rinascimento che l’arte del veneficio appare in tutta la sua potenza. Le navi veneziane e genovesi portavano dall’oriente droghe e veleni e la figura dell’avvelenatore diventa parte integrante delle corti.

Papa Clemente VII saggiava l’efficacia degli antidoti sui condannati a morte; lui stesso morì a causa di una fiaccola avvelenata di cui inspirò il fumo. E Caterina de’Medici? Non ci sono prove della sua attività di avvelenatrice attraverso guanti profumati, talvolta la storia si intride di leggenda per farsi più stuzzicante. Lucrezia Borgia dalla fama sinistra di avvelenatrice di mariti, ha avuto il suo riscatto dalla storia che la ritenne solo uno strumento in mano al padre e al fratello senza scrupoli.

Con l’Illuminismo si diffusero i manuali sulla tossicità delle sostanze che i farmacisti dovevano tenere sotto chiave e di cui dovevano annotare gli acquirenti, ricordando che la dose giusta differenzia il veleno dal rimedio.

Per nostra fortuna, con la moderna tecnica dell’autopsia, oggi l’avvelenamento non costituisce più il delitto perfetto.

Che ne pensi di questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.