Articolo a cura di Laura Pitzalis
Artigiani in via d’estinzione, il calzolaio e il ciabattino non sono la stessa persona, anche se oggi i due termini sono spesso usati in modo intercambiabile.
Prima dell’avvento dell’era industriale il calzolaio o calzolaro, (dal latino calceolarium, derivato da calceus, scarpa, derivato a sua volta da calx, calcagno) era un elemento talmente importante ed indispensabile della vita quotidiana che nella metà del XIX secolo si arrivò persino a scrivere che “il mestiere del calzolaio è quello che più si avvicinava alla scultura”. Questo perché era lui che fabbricava le scarpe.
Il ciabattino, invece, (il cui nomederiva probabilmente dal persiano “ciabat”, ciabatta), si occupava della riparazione e della manutenzione delle calzature. Un’attività umile, certo, ma imprescindibile nella società antica quando un paio di scarpe nuove erano un lusso raro e le vecchie venivano perciò mantenute in vita per lungo tempo a forza di risolature, di ricuciture e di rattoppi d’ogni genere.
Le prime associazioni dei calzolai nacquero nel Medioevo, nel 1273, e facevano parte delle Arti Minori delle corporazioni di Arti e Mestieri di Firenze. Solo nel 1293, grazie alla loro numerosa presenza, 4500 circa, furono ammessi nella cerchia delle Arti Maggiori.

Il calzolaio era un personaggio importante nell’ambito cittadino tanto che pagava le stesse tasse e imposte degli altri borghesi. Avevano regole molto rigide: veniva escluso dalla corporazione chi non saldava le rate, chi aveva già cariche importanti, gli analfabeti, i non fiorentini di nascita e i figli illegittimi. Ancora, c’era il divieto di lavorare la domenica, il sabato sera, “dopo l’ultimo tocco del vespro suonato dalla parrocchia nella quale dimora”, e dopo il tramonto “a meno che si tratti di un lavoro destinato al signore del luogo od alla sua gente o per sé stesso e per quelli della sua casa”. Inoltre, c’erano regole ben precise anche per l’impiego di materiali: i calzolari per fabbricare le tomaie potevano usare tutti i tipi di cuoio, che doveva essere nuovo e mai utilizzato prima, tranne la “bazzana”, un cuoio di montone, a loro vietato perché riservata ai soli ciabattai che realizzavano esclusivamente scarpe di modico prezzo.
C’era quindi già una distinzione netta tra calzolaio e ciabattino, il primo fabbricava solo scarpe e non era autorizzato alla riparazione sommaria che viene invece progressivamente devoluta al secondo, detto anche ciabattaio, sinonimo di colui che fa o vende ciabatte. La ciabatta è una scarpa leggera, comoda ma modesta per cui, col tempo, il termine ciabattino ha anche assunto un significato meno nobile di quello di calzolaio.

GLI UTENSILI
Dai Romani fino all’inizio dell’ industrializzazione il mestiere di calzolaio non è praticamente cambiato, anche se i tipi di calzature hanno subito una notevole evoluzione. Nel corso dei secoli gli utensili impiegati sono rimasti praticamente gli stessi, così come sono rimasti gli stessi i gesti e l’organizzazione del lavoro.
Ecco come si presenta nell’immaginario collettivo il calzolaio:
In una stanzetta, su una sedia bassa, impagliata, con un grembiulone di pelle, chino sul suo lavoro con le mani che vanno sapienti a tirare spaghi, forare il cuoio, passare la cera, cucire e inchiodare; spesso i chiodini stretti tra le labbra e un occhialino sul naso e quando alza gli occhi sopra le lenti continua a far andare le mani con la maestria di chi il mestiere lo sa fare.
Vicino a lui il piccolo tavolino degli utensili, il deschetto, e l’incudine, uno strumento a forma di piede rovesciato, detto più semplicemente il “piede”, sul quale infila la scarpa ogni volta che deve effettuare un lavoro di inchiodatura o di cucitura.
Con il roncolino e le forbici taglia il cuoio, poi utilizza il trancetto per tagliare e rifinire. Il martello è l’utensile più frequentemente utilizzato per compattare le fibre del cuoio, assemblare suole e tacchi, e rimuovere pieghe dalla tomaia. Inoltre, dispone di tutta una serie di punteruoli dagli usi più disparati che servono a forare il cuoio nel modo più fine e preciso possibile per passarvi poi il filo delle cuciture.
Il filo si realizza con setole di porco, o più raramente di cinghiale, oppure con filo da cucire rivestito di pece dall’odore forte ed acre caratteristico delle botteghe dei ciabattini.
I CALZOLAI E CIABATTINI OGGI
Oggi di maestri calzolai, capaci di lavorare delle scarpe su misura, non esistono quasi più perché le loro scarpe verrebbero a costare molto di più di quelle prodotte con tecniche industriali.
Dall’altra parte, resiste il ciabattino, anche se è scomparso il vecchio deschetto che è stato sostituito da macchine moderne, che consentono all’artigiano di riparare le scarpe in poco meno di mezz’ora. Ha, quindi, trasformato e migliorato il suo modo di lavorare: non solo ripara ma è in grado di realizzare un cambio colore di scarpe e borse, un lavaggio a secco e pulizia, di riparare borse e manici rovinati. Attività che il vecchio ciabattino non poteva eseguire perché non aveva gli strumenti adatti.
CURIOSITÀ
- Il mestiere del calzolaio è uno dei mestieri più antichi al mondo.
Data la loro conformazione fisica, gli esseri umani hanno dovuto presto trovare un modo per proteggersi i piedi: le prime calzature compaiono in alcuni graffiti rupestri di 15mila anni fa, mentre la scarpa più antica avrebbe circa 6.000 anni. Sono dei sandali, tipo “espadrillas”, trovati in Andalusia nella Cueva de los murciélagos (Grotta dei pipistrelli), nel 1831, che purtroppo sono andati perduti a causa dell’ignoranza e della superstizione e solo dei frammenti sono stati recuperati e recentemente datati con il carbonio 14.
Prima di questa scoperta, le scarpe preistoriche più antiche erano considerate quelle trovate nel 2008 nel complesso di grotte di Areni-1 in Armenia, risalenti a 5.500 anni fa e realizzate con pelle di mucca e corde.

- In Francia il complesso di tutti gli strumenti del calzolaio veniva chiamato “Crepins”, (I Crispini), dal nome dei due santi protettori della professione, Crispino e Crispiniano, due fratelli calzolari e martiri nel 287 a Soissons, nella Gallia, sotto il Regno dell’Imperatore Diocleziano. La loro festa cadeva il 25 ottobre, ricorrenza sistematicamente festeggiata a partire dal 1208.
- Prima del 1870 le scarpe erano spesso realizzate per essere indossate indifferentemente su entrambi i piedi. L’idea di creare scarpe destre e sinistre, adattate alla forma specifica del piede, fu senza dubbio un’innovazione rivoluzionaria. Il primo a produrle fu nel 1881, William Church con il modello “Adaptable” che sottolineava l’attenzione alla forma del piede, con l’offerta di diverse opzioni di adattamento per garantire un comfort ottimale.
- Perché in passato nella la bottega del calzolaio venivano posizionati larghi vasi di basilico?
Era una tradizione legata a una credenza popolare e a una forma di protezione. Il basilico in diverse culture è considerato una pianta sacra e protettrice e la sua presenza era vista come una barriera contro le forze del male e i mali che potevano colpire la bottega o i calzolai stessi.
Non solo. L’odore del basilico era considerato rinfrescante e salutare e giudicato il rimedio più idoneo a neutralizzare gli odori forti, pungenti e acri dovuti all’uso di colla, pece, grasso e cromatina.
- Sapevate che in Italia, a Novara, esiste un’ “Università dei calzolai”?
Storica associazione di categoria novarese che ha alle spalle ben otto secoli di storia, risalendo al 1200, l’Università dei Calzolai di Novara, o più precisamente la Scuola del Miele di Novara, non è un’università nel senso di istituto di istruzione superiore e non offre corsi di laurea o dottorato ma si tratta di una scuola professionale che si concentra sulla formazione di artigiani e professionisti del settore della calzatura e della lavorazione del cuoio. La scuola offre corsi pratici, specializzati e intensivi per chi vuole imparare le tecniche della lavorazione del cuoio, della creazione di calzature su misura e della loro riparazione.

- Tra i maestri e artisti “calzolai” emerge senza dubbio uno dei nomi più iconici della moda internazionale: Salvatore Ferragamo.
Undicesimo di quattordici figli, sin da bambino passava ore a osservare il ciabattino del paese lavorare, nonostante il dissenso del padre che considerava quel mestiere troppo umile. All’età di nove anni creò il suo primo paio di scarpe bianche per la sorella, che doveva fare la comunione ma la famiglia Ferragamo non poteva permetterselo, stupendo tutti.
Si trasferì, in seguito, in una bottega al centro di Napoli, segnando l’inizio di una leggenda che si completò quando decise di emigrare in America, trovando la sua strada a Hollywood.
Dai corsi serali di anatomia alla University of Southern California nasce una svolta epocale: scopre che il peso del corpo poggia sull’arco plantare e arriva alla definizione della calzata perfetta. All’interno delle sue scarpe inserisce una lamina d’acciaio, il cambrione, a sostegno dell’arco plantare, risolvendo il problema della comodità.