Viaggio nella storia

2 giugno 1946. Il referendum che cambiò la storia del nostro Paese

Articolo a cura di Raffaelina Di Palma

Se in quel 2 giugno 1946 avesse vinto la monarchia?

Può sembrare una domanda provocatoria, ma posso assicurare che non lo è. La Storia, è noto, non si scrive né si compie con i se.

Come si arrivò al Referendum?

Oltre alla rievocazione storica, è importante e interessante capire come e perché. I risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 determinarono la forma di governo a seguito della fine delle Seconda Guerra Mondiale. Per la prima volta in Italia votarono anche le donne: i votanti furono circa 13 milioni di donne e 12 milioni di uomini, uguale nel complesso all’89,08% degli allora 28.005.449 aventi diritto al voto.

È importante ricordare che, insieme con la scelta sulla forma istituzionale dello Stato, i cittadini italiani elessero anche i componenti dell’Assemblea Costituente, che doveva redigere la nuova carta costituzionale. Alla sua prima seduta, il 28 giugno 1946, l’Assemblea Costituente elesse a capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, con 396 voti su 501, al primo scrutinio.

“Giuro davanti al popolo italiano, per mezzo della Assemblea Costituente, che ne è la diretta e legittima rappresentanza, di compiere la mia breve, ma intensa missione di Capo provvisorio dello Stato ispirandomi ad un solo ideale: di servire con fedeltà e con lealtà il mio Paese. Per l’Italia si inizia un nuovo periodo storico di decisiva importanza. All’opera immane di ricostruzione politica e sociale dovranno concorrere, con spirito di disciplina e di abnegazione, tutte le energie vive della Nazione, non esclusi coloro i quali si siano purificati da fatali errori e da antiche colpe. La grandezza morale di un popolo si misura dal coraggio con cui esso subisce le avversità della sorte, sopporta le sventure, affronta i pericoli, trasforma gli ostacoli in alimento di propositi e di azione, va incontro al suo incerto avvenire.”

Questo è uno stralcio del discorso di Enrico De Nicola, il 15 luglio 1946, con il quale la sua presidenza “ad interim” diede inizio alla titanica ricostruzione politica, sociale e fisica. Invitava tutte le forze della Nazione facendo emergere dalla loro coscienza, l’unica forza disponibile: una incrollabile unione.

La festa del 2 giugno è un evento importantissimo per la storia del nostro Paese, non solo per la nascita della neo Repubblica, ma anche per altre due ragioni essenziali. In primis perché, per la prima volta in Italia, le donne partecipavano a una consultazione politica nazionale. Ciò fu annunciato con un decreto legislativo sostituto, la n.23 del 23 febbraio 1945: in questo modo venne riconosciuto il suffragio universale e in secondo luogo perché, contemporaneamente, il popolo italiano votò anche l’Assemblea Costituente, che sviluppò lo strumento designato a scrivere la Costituzione, in vigore ancora oggi.

Repubblica: un concetto derivante da un lungo passato.

È importante ricordare che il referendum, formalmente, fu reso indispensabile dall’azione che, durante la Seconda Guerra Mondiale, a causa della scissione del territorio nazionale venne meno la capacità del monarca e le due zone distinte vennero sottratte per motivi diversi alla regia potestas. A causa della invalidazione del potere regio i partiti italiani si attestarono come inediti soggetti politici, unendosi nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).

Indro Montanelli

Proprio con il CLN ci fu un accordo con la Corona con cui si stabiliva che a guerra finita si doveva risolvere il problema della forma istituzionale dello Stato.

È curioso e stimolante analizzare quanto descritto da Indro Montanelli nei suoi libri, particolarmente ne “L’Italia del Novecento”, scritto a quattro mani con il collega Mario Cervi, da cui si possono ricavare un insieme di elementi che danno molti spunti di riflessione sugli avvenimenti politico-istituzionali che contraddistinsero la storia dell’Italia nel XX secolo.

È interessante rileggere Montanelli. Il suo punto di vista fu coerente con la vicende storiche, rendendo giustizia agli eventi così come si svolsero. Infatti, in alcune interviste, pur non rifiutando la Repubblica Italiana e i suoi valori attestati, più volte dichiarò di aver votato Monarchia. Perché, secondo lui, l’Italia da Paese feudale, diventò una nazione vera grazie proprio ai Savoia. In effetti, egli sosteneva, che il territorio italiano, fino a quel momento, era stato unito solo culturalmente, ma con l’intervento dei Savoia e la classe politica piemontese, di cui Cavour fu uno dei più importanti esponenti e nonostante i molti e riconosciuti errori di Vittorio Emanuele III, la nostra penisola si poté dichiarare unita davvero.

Il referendum aveva, dunque, comprovato, nel caso fosse stato necessario, che l’Italia era divisa in due e che il periodo dopo l’8 settembre 1943, con il Regno del Sud e la Repubblica di Salò aveva messo in evidenza, ancora una volta, le sue disuguaglianze.

La divulgazione monarchica, continuò ad alimentare i dubbi sulla correttezza del conteggio.

Per molto tempo, (e tutt’ora), si parlò di brogli elettorali. Si parlò di voti nascosti che avrebbero dato la vittoria alla monarchia, ma alla fine con testimonianze e studi approfonditi, gli esperti furono convinti che la monarchia non crollò il 2 giugno 1946: crollò l’8 settembre 1943 e da quel giorno iniziò la sua morte lenta senza nessuna possibilità né speranza.

Il valore e l’esaltazione del referendum fece passare in secondo piano la contemporanea elezione della Costituente, immagine assai più caratterizzata dagli orientamenti politici italiani.

Il primo presidente della prima Assemblea Costituente fu Giuseppe Saragat. Quanto al primo Capo dello Stato repubblicano, De Gasperi, aveva una idea ben precisa: doveva essere filomonarchico e doveva essere meridionale. Affiorò così il nome di Enrico De Nicola, napoletano, già consigliere della Corona (suo l’espediente della Luogotenenza per Umberto) e infine, come esperto parlamentare e come giurista egregio, sarebbe stato in grado di ideare regole e procedure tutte da inventare per una carica “anomala”. Ma se la carica era anomala, ancor più lo era l’uomo scelto a ricoprirla.

Giuseppe Saragat

La sua eleganza curata e fuori moda, il suo gusto, la sua integrità morale, l’avevano reso noto in una città che intravedeva in lui ciò che voleva essere e che non era.

Vanno messi nel conto della ripresa gli aiuti alleati (in prevalenza americani), tramite l’Unrra (l’Agenzia delle Nazioni Unite per la ricostruzione dei Paesi colpiti dalla guerra). La spesa per questa voce era stata, commentò Antonio Gambino nella sua “Storia del dopoguerra”, tre o quattro volte superiore: ma non è accaduto spesso che i vincitori ripagassero, pur se in parte, i vinti, per le spese dell’occupazione.

La miseria era ancora tanta in Italia e grande fu il suo sfruttamento. Gli stessi responsabili della ricostruzione e della ripresa neppure supponevano l’impeto delle sue successive fasi.

Ma a due uomini, oltre che all’artefice De Gasperi, va dato un ruolo e, ciascuno a suo modo, un merito particolare in quei difficili inizi del “miracolo”: Angelo Costa, presidente della Confindustria e Giuseppe Di Vittorio, massimo dirigente della Confederazione generale del lavoro.

Una base di praticità e di patriottismo senza sfoggio univa l’armatore Costa all’ex bracciante Di Vittorio.

Racconta un collaboratore del sindacalista: «Quando c’era una vertenza importante o un rinnovo di contratto, Costa e Di Vittorio si davano appuntamento alla stazione di Bologna . Salivano su un vagone-letto e passavano la notte a discutere. Quando il treno arrivava a Roma l’accordo era fatto.» 

Il Trattato di Pace tra l’Italia e le potenze vincitrici ha avuto ed ha un nome non appropriato.

L’Italia non trattò: accettò le condizioni che le vennero comandate e poté soltanto spiegare, senza risultato significativo, le sue ragioni. A De Gasperi, italiano insolito, dall’aspetto severo e di poche ed essenziali parole, toccò l’amaro compito di difendere una causa persa prima ancora di partire.

Dopo la fuga da Roma di Badoglio, di Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto, lo stato delle forze armate italiane lasciate allo sbando e la guerra civile che divideva l’Italia, avevano ormai reso necessaria la scelta di una frattura profonda con il passato: dalla quale nacque quella brama di libertà e di evoluzione che si andarono diffondendo a mano a mano su tutto il territorio italiano.

Monarchia o Repubblica?

Da un ricordo di Anna Garofalo, (Roma, 1903-1965), scrittrice e giornalista: «Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere, hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore».

LETTURE CONSIGLIATE

Storia d’Italia. L’ Italia della Repubblica (2 giugno 1946-18 aprile 1948)
Idro Montanelli e Mario Cervi

Dopo le esperienze traumatiche della dittatura e della guerra, per l’Italia è giunto il momento di voltare pagina. Bisogna affrontare il processo di pace e impegnarsi nella ricostruzione, ma più di ogni altra cosa alla nazione serve un nuovo ordine politico-istituzionale, che ne definisca anche la posizione sullo scacchiere internazionale. Se gli accordi di Yalta ci hanno affiancato alle democrazie occidentali, la svolta verso il blocco del socialismo reale è ancora possibile, e sono in molti a spingere in quella direzione. Una popolazione divisa si trova così a vivere passaggi fondamentali: il referendum tra Monarchia e Repubblica, i lavori della Costituente, l’approvazione della Carta costituzionale. Fino alle prime elezioni repubblicane, che con un risultato clamoroso e in parte inaspettato consegnano la guida del Paese alla Democrazia cristiana. Sullo sfondo, la firma del trattato di pace a Parigi, gli incentivi del Piano Marshall, il delinearsi della contrapposizione mondiale che prenderà il nome di guerra fredda. Montanelli e Cervi ci chiamano a ripercorrere un momento di forte fermento, animato da personaggi del calibro di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Scelba, Pajetta, Umberto II di Savoia. Tra i tentativi di ripresa e tensioni anche violente – come quelle nate dal “caso Troilo” – possiamo rivivere i mesi cruciali, carichi di speranze e timori, che hanno segnato l’immediato dopoguerra e deciso il nostro futuro.


2 giugno 1946. Storia di un referendum
Federico Fornaro

Il 2-3 giugno 1946 con il voto della maggioranza degli italiani nel referendum istituzionale l’Italia passò dalla monarchia alla repubblica, concludendo una lunga transizione dal fascismo alla democrazia, iniziata il 25 luglio 1943. Per la prima volta nella storia d’Italia le donne poterono votare al pari degli uomini e ventuno di loro furono elette all’Assemblea Costituente. Come ha scritto Piero Calamandrei: «Mai nella storia è avvenuto, né mai ancora avverrà che una repubblica sia stata proclamata per libera scelta di popolo mentre era ancora sul trono il re». Dalla dittatura alla repubblica: si tratta di una fase complessa e contraddittoria, che qui viene riletta alla luce del dibattito sulla questione istituzionale e del controverso approdo alla scelta referendaria, oltre che analizzando la competizione tra gli alleati inglesi e americani per l’egemonia sul Mediterraneo. Regno del Sud e Resistenza convissero fino alla Liberazione, in un dualismo destinato ad alimentare la tesi secondo cui si sarebbe potuto fare di più e meglio per garantire una reale discontinuità con gli apparati burocratici e amministrativi del vecchio regime fascista. Ma il radicale rinnovamento dello stato fu frenato dalle forze della conservazione, largamente compromesse con il fascismo e, soprattutto, dal delinearsi all’orizzonte della guerra fredda e della competizione globale tra Stati Uniti e Unione Sovietica.


L’altra storia d’Italia. 1948-2022
Lamberto Remondini

In questo secondo volume, Lamberto Rimondini ci porta a rivisitare gli anni dal 1948 ai giorni nostri, continuando ad analizzare gli eventi da un’altra ottica, riportando documenti desegretati e inediti, fonti ignorate dalla narrazione ufficiale e interviste. Chi ha voluto e pilotato la strategia della tensione? Perché è stato rapito e assassinato Aldo Moro? Che ruolo hanno avuto Gladio e Oscurità (gladio rossa)? Perché la separazione tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro è stato un atto di guerra contro l’Italia? Perché Romano Prodi ha svenduto l’IRI distruggendo il patrimonio dello Stato? Perché “Mani pulite” può essere stata parte di un “colpo di Stato” che ha distrutto l’Italia? Perché è arrivato Mario Monti? Per chi lavora Mario Draghi? «Il libro che il lettore stringe tra le mani è uno di quelli che non fanno pace con il mondo. È un testo che un tempo, prima che il capitale divorasse anche la critica, si sarebbe detto “critico”: lo è a partire dalla dedica, che si rivolge, in sostanza, a quanti sentono che anche nel tempo dell’end of history qualcosa, dopo tutto, continua a mancare.… lo scritto di Rimondini – secondo soluzioni originali e, a volte, davvero ardite – tenta di pensare altrimenti l’accadere storico e il pensiero unico storiograficamente corretto, il “si dice” di heideggeriana memoria applicato al piano della storiografia. La sua narrazione è, sotto questo profilo, un coraggioso tentativo di rovesciamento della prospettiva egemonica: che è sempre quella dei dominanti. Essa è, in altri termini, il dominio dei dominanti visto come schema narrativo, come sistema di idee dominanti» (Diego Fusaro)


Il referendum Monarchia-Repubblica del 2-3 giugno 1946. Come andò davvero?
Aldo A. Mola

Qual è la verità sugli ultimi giorni della Monarchia in Italia? Col distacco dello storico, Mola documenta innumerevoli brogli, sbagli, pasticci nella gestione del referendum istituzionale e nei drammatici giorni tra la partenza del Re e l’avvento effettivo della Repubblica (13-18 giugno). Il governo cercò affannosamente di “far tornare i conti” di una consultazione, che escluse dal voto tre milioni di cittadini: la vera “grande frode”. Con l’incubo del punitivo Trattato di pace e per scagionarsi dei tanti errori antichi e recenti, i partiti repubblicani misero sul banco degli imputati Casa Savoia, che però era tutt’uno con la storia d’Italia… Infine, si può immaginare un nuovo referendum sulla forma dello Stato?

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