Articolo a cura di Laura Pitzalis
Papa Francesco aveva in programma un viaggio in Turchia per celebrare i 1700 anni dal concilio di Nicea, previsto per il 24 maggio. Proprio oggi, 20 maggio, si celebra l’anniversario dell’inizio di uno dei concili ecumenici più importanti della Storia.
Nel 325 d.C. a Nicea in Bitinia, la moderna Iznik, nella Turchia nord-occidentale, si tenne un evento epocale che segnò profondamente la storia della cristianità: il Primo Concilio Ecumenico, cioè universale, convocato dall’imperatore Costantino per mettere ordine a un’anarchia religiosa imperante nella comunità cristiana lacerata da feroci contese ideologiche e temporali.

IL CONTESTO STORICO E LE CAUSE CHE PORTARONO ALLA CONVOCAZIONE DEL CONCILIO
Siamo nel IV secolo d.C., un periodo legato a Costantino I, una delle figure più importanti dell’Impero Romano, perché con lui, che permise e favorì la diffusione del cristianesimo, si chiude un’epoca e se ne apre un’altra. Ciononostante fu una figura molto controversa, oggetto di valutazioni contrastanti: criticato per la sua politica autoritaria e i suoi metodi spesso spietati, utilizzò la forza e la repressione per consolidare il suo potere, eliminando oppositori e potenziali rivali, incluso suo figlio; osannato come grande riformatore per aver emanato l’Editto di Milano nel 313 d.C., con cui viene garantita la libertà religiosa a tutti i cittadini, mettendo fine alle persecuzioni e segnando una svolta radicale nella storia del cristianesimo.
Costantino non è un cristiano vero e proprio, si farà battezzare solo in punto di morte, ma già dalla battaglia di Ponte Milvio che il 28 ottobre 312 lo vide trionfare contro Massenzio, aveva ostentato la sua simpatia per la nuova religione, rifiutando i rituali divinatori degli aruspici e preferendo affidarsi alla protezione del “Sommo Dio”. Quando era entrato trionfante a Roma non era nemmeno salito in Campidoglio, dove c’era il tempio più sacro della città.
Nel 321 acquisì le ricorrenze più apprezzate e seguite dai romani dell’epoca come il Dies Solis, il “Giorno del Sole” festività in onore della divinità del Sol Invictus, che divenne il “Giorno del Signore”, “Dies Dominica” e infine domenica. Ancora oggi nelle lingue anglosassoni e germaniche la domenica è definita Sunday o Sonntag, “giorno del sole”.

Stessa cosa avvenne per il Natale, dove attinse nuovamente dal culto del sole.
Il 25 dicembre, infatti, era la festa del Dies Natalis Solis Invicti, che coincideva anche con tutta una serie di celebrazioni pagane ancora più antiche, come i Saturnalia, (17-23 dicembre), riti di fertilità di natura agro-pastorale, dedicati a Saturno.
La data di nascita di Gesù non si conosce, i vangeli non la menzionano, per cui nei primi secoli dell’era cristiana ogni comunità aveva una sua data: i basiliani celebravano tra il 6 e il 10 gennaio, gli egiziani tra il 19 e il 20 aprile, altri il 28 marzo… Così Costantino, intorno al 330 d.C., stabilì il 25 dicembre come data della natività di Gesù, sovrapponendola alla festa pagana. Anche se divenne in uso solo nel V secolo d.C.
In effetti, la comunità cristiana a quei tempi era dilaniata da violente contese dottrinali come, per esempio, l’origine di Gesù Cristo sollevata dai seguaci di Ario, presbitero di origine libica che risiedeva ad Alessandria: era eterno e ingenerato come il Padre, oppure, come affermavano gli ariani, di natura finita perché generato come un essere umano qualsiasi?
Comunque l’arianesimo, molto popolare in quel periodo grazie alla fama di asceta di Ario e alla qualità dei suoi scritti e canzoni, non era il solo problema con cui la Chiesa doveva fare i conti.
Un’ altra minaccia era rappresentata dal vescovo Melezio di Licopoli e da quello che è conosciuto come “scisma meleziano”.

Melezio rivestì un importante ruolo nella controversia che riguardava l’accoglimento, da parte della Chiesa, dei lapsi, cristiani che durante gli anni della persecuzione di Diocleziano, per evitare di essere torturati, rinnegarono la propria fede e abbracciarono il paganesimo. Unendosi ai vescovi che non erano disposti a perdonare quello che era considerato un atto di tradimento nei confronti di Dio, tra il 305 e il 304 fondò la Chiesa dei Martiri Confessori che rivendicava la propria indipendenza e il proprio rifiuto a sottomettersi a qualsiasi autorità religiosa.
Perciò Costantino, consapevole della situazione venutasi a creare all’interno della Chiesa cristiana, come Pontifex Maximus, carica conferitagli in quanto Imperatore, che gli dava la possibilità di intervenire in materia religiosa, decise di convocare la più grande assemblea dei vescovi che si fosse mai vista dai tempi del Concilio di Gerusalemme, raccontata negli Atti degli Apostoli per decidere se mantenere il cristianesimo nell’ambito dell’ebraismo o farne una religione nuova.
Il sovrano per l’occasione fece le cose in grande, invitando a sue spese tutti i vescovi della cristianità nella residenza imperiale situata sulle rive del lago di Nicea, oggi sommerso.
Dei 1800 vescovi di tutte le comunità del mondo cristiano invitate da Costantino ne arrivarono, per ragioni logistiche, solo 300 la maggior parte orientali. Da occidente presero parte ai lavori solo due delegati del Papa Silvestro, che non si mosse dalla sua sede, i vescovi di Cordova e Cartagine e altri tre, uno italico, uno gallico e uno pannonico.
Come mai questa defezione da parte dei vescovi occidentali? Si potrebbero fare due ipotesi: perché irritati dal fatto che Costantino volesse trasferire la capitale dell’impero in oriente, oppure, semplicemente, perché il principale problema che si doveva risolvere riguardava il Medio Oriente.
Il concilio ebbe inizio il 20 maggio del 325.

le decisioni del concilio
Il Concilio di Nicea promulgò 20 decreti disciplinari. Ricordiamo quelli più rilevanti.
- Per prima cosa condannò l’arianesimo, anche se nei decenni continuerà a crescere fino a diventare una vera e propria chiesa alternativa a quella cattolica.
- Venne formulato il Credo o Simbolo Niceno che proclamava la divinità di Gesù e la sua uguaglianza con il Padre con la dottrina dell’homooùsios, cioè della consustanzialità del Padre e del Figlio: sono consustanziali due cose che hanno la medesima natura.
Il nuovo dogma viene inserito nella Professione di fede che i cristiani reciteranno da quel momento in poi durante ogni celebrazione liturgica, in cui si precisa così che Gesù Cristo è “generato, non creato della stessa sostanza del Padre”.
- Si mise fine allo scisma di Melezio, con il vescovo che fu obbligato a riconciliarsi con la Chiesa.
- Si stabilì la data della Pasqua.
La data della resurrezione di Cristo, a differenza di quella della sua nascita, si conosceva con esattezza, il giorno 14 del mese di Nisan, eppure ogni comunità la festeggiava in un giorno diverso.
C’erano infatti alcuni, detti quartodecimani, che celebravano la Pasqua commemorando la morte di Cristo secondo il tradizionale calendario ebraico (il 14 di nisan), mentre la maggior parte dei vescovi celebravano la Pasqua la domenica successiva a questa data, in quanto nei Vangeli è scritto che Gesù è risorto il giorno dopo il sabato. Tra questi ultimi, però, ce n’erano alcuni che seguivano il calendario ebraico, basato sui cicli lunari, anziché quello solare. Una bella confusione in effetti.

Costantino voleva eliminare queste differenze stabilendo la data della Pasqua in modo indipendente dal calendario ebraico.
E così nel Concilio di Nicea si stabilisce che la Pasqua venga festeggiata ogni anno la prima domenica dopo il plenilunio successivo all’equinozio di primavera. E così viene calcolata ancora oggi.
- Ai chierici fu imposto un codice di norme e comportamenti, tra cui l’obbligo del celibato.
- Furono individuate tre grandi sedi episcopali, ognuna con una propria sfera di influenza: Roma avrebbe avuto controllo sugli ecclesiastici d’occidente, Antiochia su quelli d’oriente e Alessandria sarebbe stata preposta all’Egitto.
Il Concilio si concluse solennemente il 25 luglio del 325, giorno del ventesimo anniversario di regno dell’imperatore Costantino, che nell’orazione finale proclamò trionfante la raggiunta nuova unità fraterna di tutta la Chiesa.

IL RUOLO DI COSTANTINO DURANTE LO SVOLGIMENTO DEL CONCILIO
Eusebio di Cesarea, nella sua opera “De vita Constantini”, attribuisce a Costantino, nel Concilio di Nicea, il compito di aprire i dibattiti, riconciliare gli avversari, convincere gli uni e piegare gli altri, obbligando tutti alla concordia. Inoltre, sembra che intervenisse anche nelle questioni dottrinali, imponendosi sui vescovi riuniti in Concilio.
Ma sarà vera questa immagine di Costantino “manipolatore” con il fine di garantire l’unità religiosa dell’Impero? In effetti no, nonostante in un ritratto di questo concilio ci appaia seduto sul trono in una posizione preminente rispetto a quella di vescovi.
La sua partecipazione al Concilio di Nicea, sebbene autorevole, fu molto meno importante di quanto Eusebio di Cesarea ci voglia far credere e non esercitò nessuna supremazia sul concilio in questioni dottrinali. L’analisi dei documenti imperiali dal 325 al 335 prova in modo definitivo che l’imperatore non influì sul Credo di Nicea.
IL DOPO CONCILIO
Il Concilio di Nicea non fu un successo immediato e completo. Mentre il Concilio fornì una base teologica fondamentale per la Chiesa, la sua applicazione fu complessa e la dottrina contestata da alcuni vescovi e intellettuali. Ci furono anche alcune difficoltà nell’implementazione dei canoni del Concilio.
Inoltre, l’arianesimo non fu sconfitto, ma ebbe una larga diffusione e lo stesso Costantino, poco prima della morte, si fece battezzare dal vescovo Eusebio di Nicomedia, un ariano.
Nel momento in cui si estinse la dinastia di Costantino, nel 363, il Concilio di Nicea sembrava essere percepito più come un episodio effimero che un evento epocale.
Ci vollero anni e altri concili ecumenici per rafforzare e chiarire ulteriormente le posizioni del Concilio di Nicea. Nel 380 d.C. Teodosio I emanò il celebre “Editto di Tessalonica” dove, tra l’altro, si riaffermarono i dogmi di Nicea e il cattolicesimo niceno-apostolico veniva così elevato al rango di religione di Stato, giuridicamente obbligatoria per tutti.
In base a queste disposizioni, tutto quello che era stato deciso a Nicea diventava d’ora in poi verità assoluta e di riflesso chi non vi si atteneva era eretico e perseguibile, gettando le basi per secoli di lotte e persecuzioni.