“Perdere la Trebisonda” è un’espressione molto diffusa, ma quanti di noi conoscono l’origine di questo bizzarro modo di dire? Lo utilizziamo con il significato di perdere la bussola, l’orientamento, ma anche per indicare un’esplosione di rabbia, quando si perde il controllo e ci si lascia sopraffare da emozioni negative e confuse.
L’espressione è legata all’antica città turca di Trebisonda, una città che si trova nell’odierna Turchia, affacciata sul Mar Nero là dove il dorso della penisola anatolica s’inarca verso la Georgia. Ha una storia molto antica: grossomodo è coetanea di Roma, e nacque greca col nome di Trapezounta. Ebbene, questa città, insieme alla regione in cui si trova (classicamente, il Ponto) ha avuto per lunghi secoli un’importanza strategica primaria, soprattutto per il suo porto che, ancora oggi, rappresenta uno snodo fondamentale del traffico fra la costa del Mar Nero e la Persia. Perciò il suo nome echeggiava sulle bocche dei marinai delle nostre terre, nostre perché molte furono le colonie delle Repubbliche marinare nel Mar Nero.

Ma come si lega il nome della città turca a questo modo di dire?
Diverse le spiegazioni plausibili.
Una è quella data da Umberto Eco: all’origine vi sarebbe il fatto che la città di Trebisonda, (in turco Trabzon), nell’antichità fu una sorta di faro per tutti i naviganti che viaggiavano sulla rotta tra Europa e Medio Oriente. Per i mercanti che rifornivano le regioni interne, “perdere la rotta di Trebisonda” o “perdere la Trebisonda” significava perdere il denaro investito nel viaggio. Da qui derivò il concetto di danno e disgrazia.
Ma cita anche un’altra spiegazione, che ritiene più attendibile. Trebisonda costituiva un punto di riferimento visivo per le navi, rappresentava un punto cardinale per i marinai, un rifugio dalle tempeste: chi perdeva la Trebisonda, ahi lui, s’incagliava, si perdeva, naufragava.
Un’altra spiegazione è probabilmente molto più semplice, e ci racconta ancora una volta di come parole simili masticate dalle stesse bocche finiscano per fondersi: esiste una locuzione non molto diversa, che è “perdere la tramontana”. La tramontana è il vento del nord, ma anche il settentrione e le stelle che lo indicano. “Perdere la tramontana” significa quindi perdere il nord, e perciò l’orientamento. Fra tramontana e trebisonda il passo non è molto lungo, la bocca è sempre quella popolare, del marinaio, e magari il gusto più pieno e vagamente esotico che ha il nome “trebisonda” ha fatto il resto.
Un’ultima interpretazione si rifà alla resa del 1461 di Trebisonda che, in seguito all’avanzata degli ottomani, fu l’ultima città a restare indipendente. Fino ad allora Trebisonda era un importante porto genovese, emporio mercantile di prim’ordine poiché era lo sbocco naturale dell’Armenia a nord sul Mar Nero. Perdere Trebisonda era dunque ben più che perdere l’orientamento o la rotta. La perdita delle colonie di Crimea e Turchia determinò infatti una grave crisi economica e il crollo definitivo dell’impero bizantino. Da qui quello metaforico di perdere il controllo.