Recensione a cura di Laura Pitzalis
Ivan Frankò, poeta, scrittore, giornalista, critico letterario, traduttore, economista e attivista socialista ucraino, è considerato uno degli autori classici della letteratura ucraina a cavallo tra XIX e XX secolo. Un autore pressoché sconosciuto in Italia, come tutta la cultura ucraina molto poco nota al di là dei propri confini forse perché, direbbe qualcuno, non ci sono stati esempi così degni di nota da farsi conoscere. Invece ne esistono, eccome se ci sono, basterebbe citare Taras Ševcenko, che spesso viene definito il Dante della letteratura ucraina.
No, non sono una studiosa di letteratura, ho solo fatto una ricerca sul web, incuriosita dal romanzo “Ultima confessione a Leopoli”, tradotto per la prima volta in italiano da Lorenzo Pompeo e pubblicato dalla Bonfirraro Editore. Fu scritto nel 1897 dall’ucraino Ivan Frankò che, ho scoperto, ha lasciato un patrimonio letterario immenso che conta circa 4.500 titoli tra poesie, romanzi, racconti, poemi, drammi e testi teatrali. Nel 1915 fu candidato anche al premio Nobel, ma sfortunatamente morì prima del suo eventuale trionfo e per regolamento fu tolto dalla lista dei pretendenti.

Pochissime sue opere sono tradotte in italiano, per lo più traduzioni che trasmettono solo il senso delle frasi. Merito, quindi, della casa editrice Bonfirraro e del traduttore Lorenzo Pompeo per averci fatto conoscere un autore quasi sconosciuto ma molto importante perché ci introduce nel panorama culturale ucraino a cavallo tra Ottocento e Novecento, soprattutto oggi visto che l’identità di un popolo è minacciata, come nel passato, ed esposta a sopraffazioni violente che mirano a cancellarne l’esistenza stessa.
“Ultima confessione a Leopoli” è un romanzo poliziesco dalle tinte gialle con una storia abbastanza semplice e scorrevole. L’ambientazione spaziale e temporale è molto precisa: siamo a Leopoli, allora capitale della Galizia, territorio da sempre tormentato e dilaniato da opposte mire espansionistiche, intorno al 1883.
Il romanzo inizia con il protagonista, il capitano Antoš Angarovyč, che torna a casa dopo cinque anni di servizio militare in Bosnia nei ranghi dell’esercito austro-ungarico, che nel 1878 aveva occupato la Bosnia dopo una sanguinosa campagna militare.
In quell’istante accadde qualcosa di completamente insolito, inaspettato, qualcosa che, con una forza elementare, irruppe in questo tranquillo salotto, spalancando la porta con strepito, tra folate di aria fredda, soffiò con forza il fuoco nel camino, così che i ceppi ardenti crepitarono e i carboni ardenti saltarono fuori in mezzo alla stanza come meteore, mettendo in allarme entrambe le donne, e che spinse Anelja nel centro della stanza e la catturò in un folle vortice, in cui non si vedeva nulla oltre una grigia nuvola gelata, mentre si udiva lo schioccare di ardenti baci, e le esclamazioni: “Antoš!”, “Anelja!” e alla fine un lungo, sonoro singhiozzo, interrotto da una risata spasmodica.
Tutta la storia si svolge in due giorni durante i quali il capitano si rende conto a poco a poco che la stabilità della sua famiglia non esiste più, scoprendo drammatici eventi che hanno completamente cambiato l’animo della moglie Anelja, eventi che produrranno conseguenze sempre più inarrestabili e letali nella mente dei protagonisti, fino al tragico epilogo.
“Dopotutto, sua moglie era presumibilmente un mostro, un vampiro che succhia sangue umano! Dopotutto, questa bella donna innocente, così piena d’amore, e a lui così cara, era presumibilmente una diavolessa, una compagna di Satana”

Il romanzo è basato su dei casi giudiziari, seguiti da Frankò come giornalista del Kurjer Lwowski, e perseguono il fine di indirizzare l’attenzione del lettore sui problemi sociali, aspetto questo che dà una struttura realistica all’opera.
Frankò, infatti, ha il grande merito di aver scritto un romanzo che, nonostante la trama di per sé abbastanza lineare, tratta diverse tematiche sociali ancora oggi più che valide come la tratta delle bianche e la prostituzione (argomenti per i quali non ottenne dalla censura zarista l’autorizzazione alla pubblicazione perché risultati troppo scabrosi).
Si avvale di questi temi per smascherare le connivenze sociali, ma anche politiche, che le fanno sopravvivere come un male necessario e tollerato, in nome del supposto diritto degli uomini, di tutti gli uomini, anche di quelli più stimati e più moralmente ineccepibili, di trovare uno sfogo alla loro natura esuberante. In questo modo svela l’ipocrisia della società del periodo, schierandosi in maniera convinta dalla parte delle donne. Tra l’altro Frankò fu un attivo sostenitore dell’emancipazione femminile, promosse la fondazione, nel 1884, del primo circolo femminile ucraino e nel 1887 collaborò alla pubblicazione del primo almanacco femminista ucraino.
Nel romanzo tutto questo emerge nitidamente con la confessione finale di Anelja,(che darà il titolo al libro), pagine sublimi, dove la donna svelerà la trama di complicità che le ha permesso di commettere il crimine, evidenziando come la corruzione abbia pervaso tutti gli strati sociali.
“ … E quei tuoi nobili amici, che sono così ferocemente indignati per la mia vergognosa impresa, non lo sono forse perché loro stessi troppo spesso hanno ceduto alla sua tentazione, al punto da spendere troppi soldi per la sua promozione? Miseri, vili, bugiardi! Dopotutto, coloro che ieri hanno ordinato di arrestare Julia, che appenderanno rapidamente il mio nome sulla gogna con gioia diabolica e lo esporranno al mondo intero, dopotutto, quasi tutti loro sapevano da tempo cosa succedeva da Julia, e alcuni erano visitatori assidui lì! […] Alcuni erano stati i diretti promotori di questa impresa, proteggendola con le loro spalle, fornendole l’avallo delle loro casate o del governo! […] Ora ricada tutto l’inferno della vergogna e della pubblica condanna sul capo di quelle donne […] Oh, quanto vi disprezzo! Quanto vi odio, farisei, bugiardi e ipocriti! […] Vi spaventa solo la condanna della folla, lo spettro della responsabilità. La meschinità ben nascosta cessa di essere meschinità, il crimine nascosto è solo prova di coraggio e di convenienza!”.
Altrettanto straordinario il lungo monologo interiore del protagonista, Antoš, combattuto tra l’amore e l’odio per la moglie, dicotomia insuperabile tra bene e male. Frankò lo rende unico attraverso la continua alternanza tra la prima e la terza persona, facendo emergere in primo piano il protagonista con i suoi conflitti interiori e, in generale, le sue emozioni e sentimenti, passioni e sensazioni.
“Dunque, ha mentito! Su questo punto ha mentito!” Qualcosa vorticava nel cervello del capitano. “Mi ha circondato da ogni parte con reti di bugie. Dio, come ha interpretato abilmente il suo ruolo! A me sembrava pura, santa, innocente. Avrei dato la testa per impedire che alcun pensiero malvagio sfiorasse la sua anima. E intanto…”[…] Eppure, nonostante questa visione pessimistica, nonostante i numerosi e pesanti indizi che confermavano la colpevolezza di Anelja, il capitano sentiva di non avere smesso di amarla. Nel suo povero e incorreggibile cuore, la scintilla dell’attaccamento a lei continuava a brillare, così come una stupida, insensata speranza che tutto questo potesse ancora rivelarsi un sogno falso, insensato, bizzarro.

Un romanzo, un classico che deve essere letto non solo per i tanti spunti di riflessione, non solo per incontrare e fare la conoscenza di un autore straordinario praticamente inedito in Italia, ma anche per colmare quel vuoto della letteratura classica ucraina in Italia dovuta per lo più alle svariate lacune, incongruenze ed asimmetrie della prassi traduttiva e editoriale italiana, anche se, sembra, si stiano registrando notevoli progressi. Sperando che il lavoro della Bonfirraro Editore e di Lorenzo Pompeo sia d’esempio.
PRO
Un romanzo di grande fascino che, con il suo ritmo da crime fiction, cattura l’attenzione del lettore in un crescendo di emotività.
CONTRO
Uno stile narrativo che non può piacere all’inizio ma che poi ti coinvolge totalmente.

Ultima confessione a Leopoli – Edizione e-book
SINOSSI
In una Leopoli di fine Ottocento, centro pulsante della Galizia asburgica, si svolge un dramma domestico e sociale che mette a nudo le contraddizioni di un’epoca e di una famiglia. Il capitano Antoš, di ritorno da una lunga campagna militare, trova un mondo in bilico tra la rigidità morale e la corruzione nascosta della borghesia locale. Il processo alla signora Weiss, una nobildonna accusata di gestire un bordello, scuote le fondamenta di una società apparentemente rispettabile. Ma il vero terremoto avviene tra le mura domestiche di Antoš, quando l’amore per la moglie Anelja, madre dei suoi figli, si trasforma in un tormento lacerante tra passione e disillusione.
Attraverso un monologo interiore di straordinaria intensità, Ivan Frankò ci guida nei meandri dell’anima del protagonista, dilaniato tra il desiderio di vendetta e il richiamo di una pace familiare ormai irraggiungibile. Un’opera realistica e profonda, che anticipa lo stream of consciousness e tocca temi scottanti come la prostituzione e la tratta delle bianche, offrendo al contempo uno spaccato storico preciso e avvincente di una città sospesa tra Oriente e Occidente.