Recensione a cura di Anna Cancellieri
Ancora un processo di streghe, in un piccolo villaggio sperduto fra le montagne presso il passo del Tonale. Gli attori in scena: un implacabile Vicario dell’Inquisizione, ostinato cacciatore di commerci con il Maligno, e una vittima in cui si rispecchiano tante altre come lei, una massa indistinta di donne povere ed emarginate.
“«… i testimoni ascoltati da questo tribunale ti accusano di meretricio e di aver praticato malefici, con pozioni e formule, fino a provocare la morte. Ti accusano di essere stata al gioco e ai balli del sabato sul Tonale e di aver servito il Demonio e i suoi aiutanti, e di averne ricevuto poteri pestilenziali con cui compiere danni e malefici. Sei colpevole tu?» Lucina lo guardava a bocca aperta, troppo vecchia e troppo stupida per capire cosa volesse da lei quel giovane frate invasato, poi guardava lui, don Lazzaro, seduto muto e immobile nella semi oscurità della chiesa, dietro il lungo tavolo di legno nero, come se si aspettasse aiuto e parole più facili da comprendere.”
La sentenza è quasi scontata: condanna al rogo, benché neanche sotto tortura l’imputata abbia confessato di essere strega.
Ma don Lazzaro, l’anziano curato che la conosce da anni, non riesce a convincersi della sua colpevolezza. Possibile che il Demonio si sia impadronito di una creatura così semplice e ottusa, sempre pronta a portare sollievo con le sue arti di guaritrice? E con quale guadagno poi?
“Né bellezza né giovinezza né tesori il Maligno le aveva concesso, in cambio della sua adorazione e dei suoi obbedienti malefici.”
Dubitare della giustizia della Chiesa lo fa sentire blasfemo e mette a rischio la sua fede. Solo trovando le prove della colpevolezza di Lucina, o della sua innocenza, don Lazzaro potrà pacificare la propria anima inquieta.
“Era compito suo riportare in luce la storia di una vita piccola, nascosta, senza valore, ignorata da tutti. Era compito suo forse riscattare la strega e rimettere il male al suo posto, perché la coscienza di tutti potesse vederlo e riconoscerlo. Ora Lucina non c’era più, ma restavano le tracce che aveva lasciato in questo mondo, le persone che l’avevano conosciuta, amata forse, di certo odiata profondamente, ma per quale colpa?”
E così lo vediamo andare in giro a indagare con la sua gamba zoppa, salire e scendere per i duri sentieri di montagna, trovare vie mansuete e sottili per guadagnare le confidenze più inaspettate, scoprire segreti che invece di dissolvere i suoi dubbi ingarbugliano sempre più la matassa.
C’è anche chi si fa beffe dei presunti poteri della “strega”:
“«Ho guardato nel sacco e ci ho visto erbe ordinarie, di quelle che tutti conoscono e possono raccogliere. Sono loro, mischiate, a placare il male e ora lo so anch’io, posso farmi da sola le mie medicine, non c’è bisogno di invocare i santi o i demoni perché facciano effetto.»”
Ma quello che la gente ignorava, e che oggi sa bene ogni erborista o naturopata, è che le stesse erbe possono guarire o dare la morte e che a fare la differenza sono le dosi e la preparazione. Una vera scienza dunque, che per le guaritrici del tempo era solo pratica ed esperienza, raggiunta per tentativi e tramandata con attente istruzioni.
Guarigione e morte sono due facce della stessa medaglia, dove la morte può essere un aborto, per esempio, o un dolce trapasso per un malato terminale. L’omicidio, anche a fin di bene, era un reato grave e un peccato mortale, ma che c’entra il Demonio? E perché il mandante dovrebbe essere meno colpevole dell’esecutore? Certo, è il Demonio che ci fa peccare, ma mica finiscono tutti sul rogo. Qual è la differenza fra peccare ed essere strega?
Qui occorre aprire una parentesi: gli inquisitori erano molto scrupolosi durante le indagini e non era insolito che le accusatrici (per lo più si trattava di donne) finissero a loro volta fra i loro artigli.
Da lettrice non ho trovato strano che Lucina rifiutasse di denunciare i suoi accusatori: può essere un dato caratteriale, un’ostinata e insensata forma di orgoglio, che l’autrice ha voluto attribuire alla sua creatura.
Il punto debole dell’intreccio sono invece gli accusatori stessi, che l’hanno denunciata per nascondere le proprie malefatte… senza preoccuparsi che lei potesse parlare e trascinarli in un vortice di nequizie e processi!
Sta di fatto che sono proprio le indagini dell’anziano curato a mettere in moto qualcosa di profondamente sbagliato. Troppo tardi don Lazzaro, impotente e pieno di sensi di colpa, si rende conto che a farne le spese sarà la persona più innocente.
Riuscirà a salvarla?
Pro
La figura del curato, che si improvvisa investigatore per salvare la propria anima.
Uno stile ben curato
Contro
Una certa lentezza nella narrazione
TRAMA
Agli inizi del ‘500, in Val Camonica, Lucina Picenni, una vecchia guaritrice, viene processata come strega e mandata a morire sul rogo. Ma chi è davvero Lucina? Dopo la morte della condannata don Lazzaro, il curato, cerca di scoprire di quali delitti si sia davvero macchiata e di quali malvagità e violenze sia stata invece vittima, ma le sue domande ben presto irritano la gente del paese, che teme vengano alla luce i peccati di tutti.