È il secondo più grande eroe cinematografico di tutti i tempi. Nel 2020, è stato eletto il più grande personaggio cinematografico; al 2º posto nella lista degli eroi più cool di tutti i tempi nella cultura pop. La rivista Première lo ha posizionato al numero 7 nella lista dei 100 più grandi personaggi del cinema di tutti i tempi. È Indiana Jones, il personaggio di fantasia inventato da George Lucas, protagonista di diverse pellicole cinematografiche diventato oramai dei veri e propri cult.
Non ha bisogno di molte presentazioni: un brillante professore universitario di archeologia che in varie occasioni veste i panni dell’avventuriero partendo per i luoghi più esotici della terra alla ricerca di reperti straordinari; ha grande fama di avventuriero/archeologo.
E’ esistito davvero? C’è un personaggio storico che ha fatto da ispiratore?
Ebbene sembrerebbero essercene diversi.
Qualcuno ne trova dei riferimenti in Giovanni Battista Belzoni, avventuroso archeologo italiano del 1700 che George Lucas definì «un archeologo eccezionale, ma dotato di un carattere forte e rude».Altri hanno visto delle somiglianze con Otto Rahn, occultista tedesco, per un breve periodo in forza alla Ahnenerbe, che fece delle ricerche per ritrovare il Sacro Graal.
Ma per alcune fonti altrettanto accreditate, l’ispiratore di Indiana Jones fu Percy Harrison Fawcett: vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento, rivoluzionò il mondo delle esplorazioni divenendo una leggenda per più di un motivo, tra cui la sua misteriosa scomparsa nel cuore dell’Amazzonia, dove sperava di scoprire le rovine di un’antica civiltà (che ribattezzò Z) e dove invece…
Non anticipiamo nulla perché è di lui che vi raccontiamo oggi.
Percy Fawcett originario del Devon (in Inghilterra), padre indiano e madre inglese.
Nel 1886 fu arruolato nella prestigiosa Royal Artillery, prestando servizio a Trincomalee, Ceylon. Sposò Nina Agnes Patersoned ed entrò a far parte della Royal Geographical Society, studiando topografia e cartografia.
Dopo qualche anno ricevette l’incarico di topografo per i servizi segreti britannici. E fu destinato nel Nord Africa. Il ruolo di spia però non gli si addiceva, in testa aveva altre aspirazioni che lo portarono a rimettersi a studiare: archeologia, geografia, rilevamento e mappatura; e nel 1906 ecco arrivare l’occasione per una grande avventura in America Latina a mappare la regione di confine tra Bolivia e Brasile per conto della Royal Geographical Society.
Taccuino, bussola e machete sono la sua strumentazione con la quale, a piedi, nella foresta sconosciuta va incontro a un’avventura di cui restano molti aneddoti: lo sparo a una anaconda gigante lunga 19 metri; l’incontro con animali strani (come un piccolo cane simile a un gatto o a una volpe), ragni giganti; l’attraversamento di lunghissimi corsi d’acqua infestati dai piranha, anguille elettriche; insetti, parassiti e larve che si insinuavano sotto la pelle e lì proliferavano fino a far marcire il corpo del loro ospite.
Nonostante tutti questi “incontri”, porta a termine la sua missione e in più rintracciò le sorgenti del Rio Verde in Brasile e quella del fiume Heath, al confine tra Perù e Bolivia.
E lo fa persino prima del previsto: torna a casa, infatti, un anno prima di quanto aveva previsto, dove ritrova la moglie e il figlio Jack, di soli tre anni.
Convinto che nel Mato Grosso si trovasse un’antica città sepolta – che lui stesso chiamò Z – di cui da secoli non se ne sapeva più nulla, decide di mettersi in cammino, ma a bloccarlo interviene la Prima guerra mondiale, per la quale si arruola volontario.
Intanto, la ricerca della città Z diventa per lui una vera ossessione alimentata dall’angoscioso pensiero che qualcuno la scoprisse prima di lui; poi finalmente dopo 5 anni di battaglie, si rimise in viaggio. Inizialmente non ha molto fortuna, due spedizioni non portarono a nulla, poi trova i fondi per una spedizione secondo lui decisiva, quella del 1925.
Alle soglie dei sessanta anni, Fawcett e il figlio di 22 anni Jack e Raleigh Rimmell, 21 anni, il 20 aprile 1925 partono da Cuiabà (attualmente la capitale del Mato Grosso). Sicuro di sé, Fawcett però aveva lasciato detto all’altro figlio
“Se non dovessimo ritornare non voglio che vengano a cercarci con spedizioni di soccorso. È troppo pericoloso. Se, con tutta la mia esperienza, non riusciamo noi a farcela, che speranza può esserci per gli altri? Ecco perché non voglio dire esattamente dove andiamo. Sia che riusciamo a salvarci e ritornare, sia che lasciamo là le nostre ossa a marcire, una cosa è certa: la soluzione dell’enigma dell’antica America del Sud – e forse di tutto il mondo preistorico – si troverà soltanto quando le antiche città saranno ritrovate e aperte alla ricerca scientifica… Che queste città esistano, lo so con certezza”.
Un presentimento?
Alla fine di maggio, con la spedizione entrata nel vivo, ecco che le guide locali non se la sentirono di addentrarsi oltre nella foresta, e decisero di tornare indietro. I tre inglesi proseguirono da soli.
Nessuno li vide mai più.
Le ipotesi sulla scomparsa
Nei decenni successivi, più di cento appassionati ed esploratori sono morti nel tentativo di capire che cosa sia successo. Secondo alcuni Fawcett sarebbe stato ucciso da una tribù di indigeni. Secondo altri, avrebbe perso la memoria e si sarebbe messo a capo di una tribù di cannibali.
Qualcun altro, come il danese Arne Falk-Rønne, sostiene che Fawcett fu ucciso: lo avrebbe appreso da Orlando Villas-Bôas – uno dei massimi esperti di civiltà indigene del Sud America, nativo del Mato Grosso – il quale avrebbe parlato con uno degli assassini dell’esploratore inglese.
Secondo questa particolare teoria, Fawcett perse i doni che portava con sé. I regali erano destinati ai capi delle tribù che vivevano nel folto della giungla: tra le più temibili c’erano i Kalapalo. Avanzare in questi territori senza la benedizione dei leader rappresentava un reale pericolo.
La mancanza di doni unita all’impossibilità di scappare, a causa delle condizioni fisiche, li resero preda dei Kalapalo che prima li fecero prigionieri e poi li uccisero: il giovane Jack Fawcett e Raleigh Rimmell furono gettati nel fiume mentre Percy Harrison Fawcett, anziano e per questo considerato degno di rispetto, ricevette una sepoltura. Falk-Rønne riferì di aver visitato la tribù Kalapalo e di aver avuto conferma dagli indigeni di quanto raccontato da Villas-Bôas.
I resti di Fawcett
Lo studioso brasiliano Villas-Bôas ricevette, nel 1951, i resti dello scheletro di Fawcett che, a un esame, risultarono proprio appartenenti all’esploratore inglese. Ma analisi successive hanno smentito tale attribuzione e l’altro figlio di Fawcett, Brian, intraprese una battaglia contro Villas-Bôas.
Al di là di quale sia stata la fine dell’esploratore-archeologo, di Fawcett restano le imprese compiute, con caparbietà, intraprendenza, forse anche un pizzico di spregio del pericolo. Tutte doti del personaggio di Indiana Jones, non credete?
O voi pensate che siano di maggior credito le altre ipotesi?