recensioni Saggistica

In cerca di guai – Virginia Cowles

Recensione a cura di Serena Colombo

Parafrasando Don Abbondio “Virginia Cowles, chi era costei?”
Ingannata dal titolo, che sembra frivolo, mi sono imbattuta in questo personaggio a me del tutto sconosciuto: la prima donna corrispondente di guerra, e come si legge nella Prefazione, “Se oggi a corrispondere dalle zone di guerra ci sono quasi tante donne quanti uomini, lo si deve proprio a figure come Virginia Cowles, che hanno mostrato ciò che è possibile fare.”

Il libro, in prima persona, è un memoir che la giornalista stessa stilò durante e da tutte le zone di guerra da cui corrispose, a iniziare da una Spagna lacerata dalla guerra civile e alle soglie della guerra mondiale. Una carriera, quella di corrispondente di guerra, iniziata con assoluta inesperienza.

Non avevo alcuna qualifica come corrispondente di guerra, a parte la curiosità. Sebbene avessi viaggiato molto in Europa e in Estremo Oriente, e scritto parecchi articoli soprattutto per la sezione «March of Events» dei giornali del gruppo editoriale Hearst, le mie avventure erano di natura pacifica.

Ma al contempo, la Cowles mette anche nero su bianco quale era la condizione del giornalismo all’epoca, di come e quanto le notizie dalle zone di guerra potevano o non potevano essere rese note

Tutti gli articoli dovevano passare attraverso la censura e ogni pagina andava approvata da un timbro ufficiale.
[…]

I giornalisti avevano carta bianca solo nell’ambito di storie che puntavano sull’aspetto umano. Potevano descrivere i bombardamenti a loro piacere.

Dalla prima esperienza in Spagna, dove ci arriva munita solo di una macchina da scrivere e di un abbigliamento ben poco consono a una nazione in guerra, la Cowles “militerà” in Germania, Polonia, Francia, Inghilterra; incontrerà i principali attori della guerra mondiale, da Hitler a Churchill; conoscerà e si farà ispirare da altrettante figure del giornalismo dell’epoca come la giornalista statunitense Martha Gellhorn, di cui diventerà amica intima; o scrittori del calibro di Hemingway (di cui se ne riportano le idelogie politiche che mi erano del tutto sconosciute e che ho trovato illuminanti).
Una quantità incredibile di incontri che le hanno valso la definizione di la «Forrest Gump del giornalismo».

Quello che più mi ha colpito di questo memoir, è che la Cowles era interessata per lo più agli aspetti umani delle popolazioni che via via erano in guerra e delle quali restituisce delle vere  e proprie fotografie letterarie-narrative: a iniziare da quella spagnola che, a quanto riferisce, sembrava non perdesse mai il suo innato e noto buonumore, quasi come se non si rendesse conto di cosa le stesse succedendo intorno, persino i bombardamenti sembrano non toccarli né preoccuparli.

Il coraggio della gente non consisteva nel sopportare il proprio fardello portando pazienza, ma nell’ignorarlo.

Eppure, non c’è solo leggerezza, la guerra è guerra, la guerra porta fame e sopraffazione:

la fase peggiore della vita di Madrid fu la carenza di cibo. Sebbene molti dei paesi circostanti fossero ben forniti di verdura, uova e latte, non esisteva un’adeguata organizzazione per il trasporto di cibo nella capitale.

[…]

Molti, ovviamente, non erano riusciti a fuggire dal territorio repubblicano e vivevano nascosti. Altri erano in carcere o erano stati fucilati. Gli alberghi e i caffè erano gestiti dai camerieri e dai dipendenti. Ogni impresa e attività commerciale era stata rilevata dal governo, e i profitti, confiscati per foraggiare la guerra. Solo a una manciata di proprietari era consentito continuare a dirigere la propria azienda, in cambio di un salario settimanale. Naturalmente, era l’enorme disorganizzazione ad aver portato a un tale sconvolgimento.

“In cerca di guai” è un memoir completo che rende perfettamente cosa significa la guerra di cui ne cesella tutti gli aspetti, dalla motivazione ideologica alle conseguenze per i vari strati delle popolazioni coinvolte.


PRO

Mai come oggi, la ripubblicazione di questo libro risulta essere importantissima per tutto ciò che è stato Virginia Cowles; è stato molto bello da leggere per il valore che la Cowles ha avuto per le donne corrispondenti di guerra.

CONTRO

Alla lunga, trattandosi di un memoir di una corrispondente di guerra, risulta essere un po’ monotono (poiché le situazioni di cui racconta sono bene o male sempre le stesse)

Citazione preferita: È curioso come il nostro subconscio reagisca al pericolo molto tempo dopo che questo è cessato.

Trama
Nel 1938 Virginia Cowles, inesperta ventiseienne di Boston, sbarca in Spagna in piena guerra civile con cappello, abito su misura, giacca di pelliccia e tacchi alti, portando con sé una macchina per scrivere e una valigia con tre abiti di lana. Non ha alcuna esperienza come corrispondente di guerra, avendo scritto prevalentemente di cronaca mondana. Ha dalla sua, però, una curiosità e una determinazione tali da trasformarla in breve tempo in uno dei pochissimi reporter in grado di coprire la guerra civile da entrambi i fronti. Dimostrando una grande abilità nello scucire informazioni a chiunque, e una buona dose di quel tipico dono del giornalista di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, Virginia Cowles incontra tutti i personaggi chiave dell’epoca: a Norimberga partecipa a un tè in onore di Hitler, dove assiste alla bizzarra amicizia di lui con l’ereditiera Unity Mitford; a Roma intervista Mussolini a pochi giorni dall’invasione dell’Abissinia, sorbendosi la predica del duce sul diritto dell’Italia a possedere un impero; a Madrid pranza con Hemingway e diventa amica intima di Martha Gellhorn; con Churchill va a caccia di pesci rossi, viene invitata a vedere i suoi dipinti e accoglie le sue lamentele su Chamberlain. Cowles girerà in lungo e in largo in un’Europa sull’orlo della guerra, vedendo le luci oscurarsi in un paese dopo l’altro: dalla Polonia alla Romania, dalla Finlandia alla Francia, fino all’Inghilterra. Coraggiosa con leggerezza, pur correndo rischi pesantissimi, lascia dietro di sé una considerevole eredità: se oggi a corrispondere dalle zone di guerra ci sono tante donne quanti uomini, lo si deve proprio a figure come Virginia Cowles, che hanno aperto la strada.
Pubblicato nel 1941, In cerca di guai divenne immediatamente un bestseller, ispirando intere generazioni. Con una stupefacente capacità di dipingere uno scenario e trascinarvi dentro il lettore, questo memoir restituisce l’indimenticabile ritratto di una donna disposta a correre qualsiasi tipo di rischio per raccontare la verità.

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