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Mese storico Christmas Edition: L’Adorazione del bambino di Gherardo delle Notti

Articolo a cura di Monia Fratoni

L’Adorazione del Bambino o Natività del pittore olandese Gerrit (o Gerard) van Honthorst, in Italia detto anche Gherardo delle Notti, è un dipinto realizzato verso gli anni 1619-1620 e oggi conservato al primo piano della Galleria degli Uffizi a Firenze. Il pittore è stato uno dei più significativi pittori del gruppo dei cosiddetti caravaggeschi, perché, agli inizi del Seicento, a Roma studia Caravaggio. Non a caso, è noto con il nome di Gherardo delle Notti, proprio per gli straordinari ambienti che ricreava al chiarore di luci che squarciavano il buio.

La tela della Natività degli Uffizi sembra risaltare figurativamente il momento del “Fiat lux “ (“E luce fu”), il celebre imperativo divino che dà il via al Creato nella Genesi, con l’elemento della luce che è la fonte luminosa primordiale, sorgente di vita e protagonista di quest’opera. Una luce che dalla scintilla divina, all’inizio del mondo, si incarna nel Verbo, cioè nel Cristo fatto uomo, nelle sembianze del piccolo Gesù, adagiato su un lenzuolo bianco, con i fili dorati di paglia che fuoriescono dalla mangiatoia. Proprio lui, con la sua nascita, è la luce naturale che brilla nelle tenebre e che risalta nel cielo cupo della notte e nella sua oscurità cromatica. Gherardo delle Notti utilizza una soluzione luministica ardita e inedita: non compare nella scena un lume artificiale di cui si studiano gli effetti, perché la luce è emanata direttamente dal corpo del Bambino Gesù, rivelato agli angeli dal panno sollevato dalla Madonna.

I visi degli angeli, in beata contemplazione, sono rischiarati dalla forza espressiva della luce, con una potenza soave e delicata ma, allo stesso tempo incisiva. Lo sguardo dei due angioletti a sinistra è colmo di chiara commozione: il tenero rossore delle guance e la cascata di riccioli morbidi donano ancor più naturalezza ai loro volti e ai loro sorrisi.
Probabilmente il pittore si serviva di garzoni di bottega come modelli, per ricreare quella spontaneità naturale di bambini ritratti dal vero. Essi sembrano sussurrare parole di serena benedizione e con una gestualità delle mani in atto di preghiera e di ringraziamento per la venuta al mondo del figlio di Dio. Lo sguardo dolce della Madonna è catturato dal miracolo della vita del Figlio che dorme e probabilmente sogna. Un sogno di innocenza e di beatitudine, come quasi tutti i neonati hanno. Lei, invece, manifesta una grazia delicata, ma quasi seria, rispetto ai volti degli angeli che sono così espressivi e pieni di gioia. Forse prefigura, in qualche modo, seppur inconsapevole, il viaggio terreno del Figlio e la sua futura Passione per la salvezza dell’umanità.

Si coglie questo leggero turbamento nelle pieghe delle labbra che non si aprono totalmente ad un sorriso di gioia ma sono come trattenute agli angoli della bocca. In secondo piano sta Giuseppe, appoggiato al suo bastone, in ombra, rispetto agli altri personaggi. Sembra tuttavia vegliare, con fare paterno, su Gesù Bambino e anche su sua madre, vestita in modo semplice, con i capelli sciolti, in una posa non di solennità ma di semplicità e di devozione totale verso il Figlio.
Lo spazio della tela è annullata dal buio che avvolge tutti i personaggi che sono raggruppati quasi come in un ambiente piccolo, ristretto dove non c’è un’ambientazione naturalistica, ma una profonda e amorosa contemplazione di intimità, con richiami poetici dati proprio dalla luce. La pittura in quest’opera si fa poesia. La luce, protagonista di questa Natività, diventa divina energia e sapienza del cuore, che si sprigiona dal corpo mortale di Gesù per illuminare ciò che tocca e per toccare ciò che vede. È pura essenza di divino mistero che Gerrit van Honthorst ha sublimato, non solo in quest’opera, ma in tante altre di vibrante qualità, spesso al lume di candela e che oggi possiamo ammirare in una delle stanze più suggestive della Galleria degli Uffizi di Firenze. Nel 1784 l’Adorazione del Bambino compare per la prima volta nell’inventario della villa del Poggio Imperiale con la giusta attribuzione a Honthorst e nel 1796 viene registrato nella Galleria degli Uffizi.
Quest’opera ha partecipato a diverse esposizioni: nel 1951 a Milano, nel 1970 a Firenze, a Brescia nel 1990, a Fossombrone nel 1997 e di nuovo a Firenze nel 2010 con la mostra “Caravaggio e i caravaggeschi” e sempre a Firenze nel 2015.

Se noi oggi abbiamo la possibilità di ammirare questo dipinto è grazie a Cosimo II de’ Medici che nel 1620 acquista varie opere di questo pittore olandese.
Gherardo delle Notti è un artista di cui non si hanno tantissime notizie sulla sua vita.
È un pittore che nasce a Utrecth nel 1590. Diviene allievo di Abraham Bloemaert. Le notizie sull’alunnato di Gerrit presso Bloemaert ci vengono fornite dai suoi biografi, in particolare Joachim von Sandrart e Arnold Houbraken. Soggiorna in Italia dal 1610 al 1622. A Roma, dove viene protetto dal cardinale Scipione Borghese e dal marchese V. Giustiniani, restano molti suoi dipinti di stile caravaggesco. A differenza però dei pittori seguaci di Caravaggio, Honthorst lascia ai posteri anche un corpus di disegni, come schizzi preparatori, quasi di “getto” dove l’artista fissa globalmente la composizione e dove riesce ad indagare maggiormente il ripartirsi delle luci e delle ombre.
Su di lui influiscono anche Orazio Gentileschi, con un’idealizzazione delle forme e H. Terbruggen. Nel 1619 si ferma anche a Firenze, dove lavora per il granduca Cosimo II de’ Medici. È stato un pittore europeo: la sua attività in Olanda e in Inghilterra alla corte di Carlo I, unita alle molte opere commissionate da Cristiano IV re di Danimarca, lo rendono indubbiamente uno dei protagonisti di una cultura che travalica i confini delle singole nazioni. Un pittore dal respiro internazionale che in Italia riesce a studiare e perfezionare la sua cifra stilistica basata sulla luce, grazie all’incontro con l’arte di Caravaggio e di altri pittori.

A Firenze si trova anche un’altra sua opera, dal destino tragico come la pala d’altare per la cappella Guicciardini, nella chiesa di Santa Felicita, l’Adorazione dei pastori che in seguito, dopo essere stata salvata nell’alluvione nel 1966, verrà irrimediabilmente ferita dall’esplosione dell’attentato in via dei Georgofili nel 1993 a Firenze e ora è conservata, a memoria di quella violenza subìta, all’inizio del Corridoio Vasariano.
Il pittore muore poi nella sua città natale nel 1556.

Bibliografia
AA.VV. , Gherardo delle Notti, quadri bizzarrissimi e cene allegre, Galleria degli Uffizi, Giunti, Firenze, 2015, pagg. 269.
Consultazione di manuali di storia dell’arte alla voce “Gherardo delle Notti”.
SITOGRAFIA
https://www.uffizi.it/opere/adorazione_del_bambino_gherardo_delle_notti
https://www.treccani.it/enciclopedia/honthorst-gerrit-van-detto-in-italia-gherardo-delle-notti/
https://disf.org/educational/adorazione-bambino

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