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Le interviste di TSD: Claudio Bonifacio

A cura di Claudia Babudri

Bentrovati cari lettori e curiosi di Storia. Oggi, vi portiamo in fondo al mare… a conoscere tesori e galeoni sommersi. E lo facciamo in compagnia di Claudio Bonifacio autore del libro “Galeoni e tesori sommersi”.

Claudio Bonifacio dal 1981 si dedica professionalmente allo studio dei naufragi portoghesi e spagnoli, attraverso ricerche svolte principalmente negli archivi del Portogallo e nell’Archivio delle Indie di Siviglia. Ha partecipato a programmi televisivi e conferenze ed è stato collaboratore di varie riviste. Per anni è stato delegato per la Spagna della cooperativa di archeologia subacquea Aquarius di Milano.

Cos’è per lei l’archeologia subacquea? Qual è stata la scintilla che ha acceso in lei così tanta passione per i reperti, i tesori del mare e la storia degli antichi galeoni?

Secondo la mia modesta opinione, archeologia sub è una scienza tendente a scoprire il passato marittimo e farlo conoscere alla maggior parte delle persone attraverso i musei o altri mezzi divulgativi, però certe volte per farlo ci si dimentica che è stata l'”ultima” ad arrivare nel mare e che in precedenza già altri lo fecero da secoli. Sfortunatamente, non ci sono soldi per le attività dell’archeosub e per la cultura in generale. Ed è un grave problema!

Abitai a Las Palmas nelle isole Canarie. È ben saputo che le flotte passavano per questo archipelago per andare alle colonie d’America, chiamata allora Indie. Poco a poco mi “buttai” nel mondo della storia locale, grazie anche ad un cugino di mia suocera che era il direttore dell’archivio storico locale, però la passione covava già da piccolo con i film di cappa e spada.

Parlando di relitti e manufatti sommersi ha fatto riferimento alla necessità del loro recupero. Cosa comporterebbe a livello di indagine subacquea? Il recupero cambierebbe a seconda dei diversi fondali? Può approfondire il tema dei costi che le nazioni coinvolte dovrebbero prevedere?

Tutto ciò che gira attorno ai “galeoni” (e non solo, ma anche navi con preziosi) hanno, secondo me, due aspetti: quello economico e quello culturale. Si è deciso che quello economico non può esistere o meglio, non c’è fine di lucro per questi relitti, ed è un grave errore, perchè tale decisione fa sì che non esista stimolo (in termine generale) per portare avanti progetti di recupero dato l’elevato costo che ciò comporta. E le istituzioni non hanno fondi per farlo. Risultato: il grosso pubblico non può godere di questi beni che si potrebbero godere con dei bei musei. Ma non solo, con un fine di lucro si potrebbe destinare una grande parte del ricavato a fini socio-culturali, poichè nel fondo del mare ci sono miliardi in tesori, che curiosamente nulla si fa né si lascia fare! Serva l’esempio dell’argentino Ruben Collado, che con il ricavato statale di una parte del tesoro del vascello Nuestra Señora de la Luz, recuperato a Montevideo, si costruí una scuola e si comperò materiale per la forza navale.

Il recupero dei tesori sommersi implicherebbe anche la catalogazione e la tutela. Ad oggi, è auspicabile la creazione di archivi ( o musei ) in cui poter valorizzare e tutelare questo incredibile patrimonio?

Torno a ribadire che con i tesori sommersi e dando un uso socio-culturale si potrebbero fare molte cose che oggi non si puossono fare dato il loro costo gravoso. Indubbiamente parte di quanto ricavato servirebbe per ellestire musei affinchè il grosso pubblico possa conoscere le attività del passato marittimo di una o varie nazioni. Lo stesso dico per archivi, come per esempio, digitalizzare i fondi.

Il lungo e approfondito percorso di ricerca alla base del libro l’ha portata ad indagare un lasso di tempo lunghissimo con metodo meticoloso e con costante passione . Ci sono storie di uomini e navi che l’hanno colpita maggiormente tra quelle narrate? Quali e per quali motivi?

Dietro ad ogni naufragio c’è una tragedia umana e una storia da raccontare. Però nel caso di alcuni di questi, c’è anche un mistero da svelare che mi è sembrato interessante fare. Nel caso del galeone scomparso nel 1563 nelle Bahamas, da me narrato nel mio libro, ed in quello del 1605 in Honduras, ho potuto arrivare a determinare il luogo stimato grazie ad una minuziosa ricerca che giunse ben dopo la data della scomparsa e che è stato possibile grazie alla visione di documenti in serie complete che arrivavano anche molti anni dopo. Indubbiamente le scomparse del 1563 e 1605 sono le più attrattive del libro, però non di certo le uniche. Come dissi, ogni naufragio è un mondo o una storia da raccontare.

Quale consiglio professionale si sentirebbe di dare a tutti gli studenti e appassionati di archeologia, in special modo subacquea e storia degli antichi bastimenti, intenzionati a intraprendere la sua stessa carriera?

L’archeosub è una scienza affascinante però anche un poco deludente, perchè solo pochi sono destinati alla gloria che una nuova scoperta può portare. La principale ragione è, come dissi, la mancanza dei costosi fondi tanto necessari, dando il paradosso che i soldi sono proprio nel fondo del mare, però che le stesse decisioni prese in materia dei beni sommersi, impediscono di farlo. Da parte mia ho messo il mio piccolo granello di sabbia pubblicando il libro che spero serva per futuri progetti (come ben dico nello stesso).

Ringraziamo Claudio Bonifacio per averci introdotto in questo affascinante mondo dell’archeo-sub e di tesori di galeoni sommersi. E a voi, cari lettori, diamo appuntamento alla prossima intervista

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