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TS e Dintorni filosofici – Pitagora e il numero come origine del tutto

Articolo a cura di Armando Comi

…gli Italici, detti Pitagorici. Essi dicono che nel centro è il fuoco, che la terra è un astro e che essa, rotando intorno alla parte centrale, dà origine al giorno e alla notte.
Aristotele,  De coelo.

Pitagora è stato il fondatore di una scuola filosofica che ha avuto secoli di fortuna. Il suo impatto sul pensiero filosofico e matematico non è mai cessato, basti pensare al celebre teorema.

Si tratta di uno dei filosofi dell’antica Grecia che ha mantenuto la sua fortuna inalterata anche dopo l’avvento del cristianesimo.

A sopravvivere non è solo il suo pensiero, ma anche il mito che si era creato intorno alla sua persona. Basti pensare solo al fatto che teneva le sue lezioni dietro una tenda, in modo che gli allievi potessero concentrarsi solo sulle sue parole senza farsi distrarre dal suo corpo.

Siamo nel VI secolo ac. nasce a Samo, ma passa gran parte della sua vita a Crotone, nella Magna Grecia dove fonda la sua scuola.

La morte di Pitagora è, come la sua vita, circondata di mistero. Pare sia morto davanti ad un campo di fave, che il filosofo si rifiutò di attraversare nonostante fosse inseguito dai suoi assassini.

I suoi assassini furono degli avversari politici, nella fattispecie i democratici di Crotone. Pitagora infatti fu un fiero oppositore della democrazia, considerata la forma di governo che mette al potere i mediocri. Per Pitagora doveva governare chi possedeva le conoscenze, non chi veniva votato.

Era un fermo sostenitore del vegetarianesimo. Gli animali per Pitagora, possedevano un’anima, e mangiare un animale significava mescolare la propria anima con quella della bestia morta.

Altri cibi erano vietati nella scuola di Pitagora, tra cui appunto le fave che lo porteranno a farsi catturare dai nemici politici e poi uccidere.

Diversamente da altre scuole filosofiche greche, la scuola filosofica di Pitagora è una scuola a carattere iniziatico. Dunque anche l’accesso alla scuola mancava di qualsivoglia principio democratico. Per accedere nella scuola filosofica di Pitagora occorreva superare delle prove molto dure.

Una prova era l’afasia, ovvero esercitarsi al silenzio, a non parlare. Chi parla troppo infatti, in genere non sa ascoltare, e tende a prevaricare senza comprendere l’interlocutore. Allora Pitagora insegna il silenzio, l’afasia appunto, e inserisce questa pratica tra le prove iniziatiche per essere ammessi alla sua scuola.

Altra prova era la castità sessuale congiunta al mangiare solo verdure e a mangiare poco in generale. Tutte prove di controllo degli appetiti del corpo. Per Pitagora il corpo è un appesantimento dell’anima, e dunque va tenuto sotto controllo perché non distragga l’anima dal suo percorso di purificazione.

Da queste poche righe emerge una filosofia intrisa di elementi religiosi, si tratta tuttavia di una religiosità tesa non a una divinità, bensì alla purificazione dell’anima. La tesi di fondo è che l’anima sia immortale. Le nostre anime non muoiono con il corpo, ma sopravvivono. Tuttavia non vanno in un luogo ultraterreno, bensì si reincarnano. Questa dottrina è detta metempsicosi. Questo aspetto del pitagorismo diventerà la base dei monoteismi.

Obiettivo dell’uomo è far sì che la propria anima sia pura, in modo che possa reincarnarsi in un individuo equilibrato. Infatti la nostra anima porta con sé ogni aspetto delle vite passate. Se abbiamo vissuto in modo equilibrato, la nostra reincarnazione avverrà in un individuo equilibrato, altrimenti pagheremo il prezzo della vita precedente. Si tratta, per certi versi, di affermare che Inferno e Paradiso sono qui, sulla terra, e che siamo noi a costruirceli fecendo vincere le passioni del corpo.

Accanto alla castità e alla dieta, c’è poi il terzo elemento per purificare l’anima, il più complesso, ovvero la conoscenza.

Conoscenza di cosa? Della realtà e del suo principio. Conoscere la costante presente in ogni aspetto della realtà, significa per Pitagora, ottenere la conoscenza più alta, quella capace di alleggerire l’anima dal peso del corpo.

La domanda diventa allora, qual è la costante di ogni aspetto della realtà? La risposta di Pitagora è famosa per la sua intelligenza: il principio della realtà è il numero.

Non esiste aspetto della realtà che non sia numerabile, che sia un albero, un uomo, i corpi celesti, un edificio, l’impatto del mare sull’imbarcazione, ecc.

Occorre qui fare una precisazione. Nella Crotone del VI secolo ac, i numeri non erano quelli indiani (o arabi). I numeri si scrivevano come quelli sulle facce dei dadi:

1= .

2= ..

3= …

 ecc.

Questo significava, che ogni numero era geometrizzabile. L’uno è il punto, il due il segmento a______b, il tre il triangolo, il quattro il quadrato e così via.

Questo non è chiaramente possibile con i numeri arabi.
Aritmetica e geometria danno origine alla matematica.

Non tutti i numeri, per Pitagora, erano uguali.

I numeri pari infatti, essendo divisibili, erano numeri aperti, dunque imperfetti.

Al contrario il numero dispari, indivisibile, era un numero perfetto.

Il numero dieci, quello nella figura in alto, è il Tetraktys, ovvero il numero sacro dei pitagorici. Pitagora faceva lezione con questo simbolo inciso sulle pareti della scuola.

Perché, nonostante sia un numero pari, il dieci è il numero sacro per Pitagora? Secondo Pitagora il numero dieci è quello che ricorre più di frequente nell’universo, contenendo in sé tutti i primi dieci numeri, ed essendo il generatore di tutti quelli successivi: cento, mille, ecc.

Per venerare i numeri non pregavano, ma li studiavano in quanto li ritenevano le chiavi per comprendere le leggi del teale. Il più celebre di questi studi portò al teorema al quale si accennava.

Ogni conquista matematica era considerata un gradino per la purificazione dell’anima.

Al tempo di costoro, e prima di costoro [Leucippo e Democrito], si dedicarono alle matematiche e per primi le fecero progredire quelli che son detti Pitagorici. Questi, dediti a tale studio, credettero che i princìpi delle matematiche fossero anche princìpi di tutte le cose che sono. Or poiché princìpi delle matematiche sono i numeri, e nei numeri essi credevano di trovare, più che nel fuoco e nella terra e nell’acqua, somiglianze con le cose che sono e divengono (giudicavano, per esempio, che giustizia fosse una determinata proprietà dei numeri, anima e mente un’altra, opportunità un’altra; e similmente, per così dire, ogni altra cosa), e poiché inoltre vedevano espresse dai numeri le proprietà e i rapporti degli accordi armonici, poiché insomma ogni cosa nella natura appariva loro simile ai numeri, e i numeri apparivano primi tra tutto ciò ch’è nella natura, pensarono che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte le cose che sono, e che l’intero mondo fosse armonia e numero. E tutte le proprietà che potevano mostrare, nei numeri e negli accordi musicali, corrispondenti alle proprietà e alle parti del cielo, e in generale a tutto l’ordine cosmico, le raccoglievano e gliele adattavano. Che se qualche cosa mancava, si sforzavano d’introdurla, perché la loro trattazione fosse compatta. Per chiarire con un esempio: poiché il dieci sembra essere numero perfetto e contenere in sé tutta la natura dei numeri, dicevano che anche i corpi che si muovono nel cielo sono dieci; e poiché se ne vedono soltanto nove, aggiungevano, come decimo, l’antiterra.
Aristotele, metafisica.

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