Narrativa recensioni

Una manciata di cenere – Luca Vanoli

Trama
Stato Pontificio, Anno Domini 1655. Sul piccolo feudo di Monterotondo, a breve distanza da Roma, regnano felicemente da undici anni i marchesi Tebaldi. Offuscato da tanta prosperità, giace, dimenticato nel ricordo dei più, un oscuro anatema, scagliato al tempo della loro ascesa.
Ma, quando la morte inizia a serpeggiare sinistra tra i membri della famiglia, un cupo terrore si diffonde in tutto Monterotondo: il popolo, inquieto, teme di essere travolto dalla sventura dei signori…
A Roma, intanto, il conclave ha eletto un nuovo papa: Alessandro VII. Non potendo permettere che l’inizio del regno sia segnato da delitti irrisolti, la Curia decide così di inviare a indagare in incognito Tullio Corbet, un avvocato francese con doti investigative fuori dal comune, pronto a sacrificare tutto alla causa della giustizia, affiancato da Padre Seàn, un rigido gesuita di origini irlandesi.
Giunti a Monterotondo, i due uomini non tarderanno a essere travolti dagli eventi criminosi: i membri della famiglia Tebaldi, seppur chiusi in una fortezza di reticenza, mostreranno di avere più di uno scheletro nell’armadio. E in un turbinio di delitti sanguinosi, amori proibiti e segreti inconfessabili, i due investigatori proveranno a scoprire quali trame oscure si celano dietro la scia di morte che la maledizione sembra lasciare, inesorabile, dietro di sé…

Recensione a cura di Roberto Orsi

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“Una manciata di cenere” è ciò che rischia di rimanere della famiglia Tebaldi colpita, a quanto sembrerebbe, dalla maledizione scagliata contro di loro da Taddeo Barberini. Anni prima dell’inizio della vicenda raccontata nel libro, il Marchese Attilio Tebaldi con un abile stratagemma riuscì a impossessarsi del territorio di Monterotondo sottraendolo ai Barberini i quali giurarono vendetta.
L’improvvisa morte del Marchese e di uno dei suoi figli, Giacomo, accende l’attenzione su questo piccolo borgo a poca distanza da Roma all’indomani dell’elezione del nuovo pontefice Alessandro VII, succeduto a Innocenzo X.

Le tragiche e misteriose morti hanno un indizio comune: sul primo luogo del delitto, nella camera del marchese viene ritrovata un’ape vicino al corpo; mentre il cadavere di Giacomo Tebaldi è completamente ricoperto di punture degli stessi insetti. Le api sono proprio il simbolo della famiglia Barberini, una dinastia di nobili romani che diede alla Santa Romana Chiesa anche un pontefice: Urbano VIII. Un papa che nei ventidue anni di pontificato, dal 1623 al 1644, si è reso protagonista di frodi e ruberie di ogni genere, rendendo immensi il potere e il patrimonio di famiglia.
Una stagione di malversazioni e ruberie che destò uno scandalo di cui, dopo la morte di Urbano VIII, i Barberini dovettero rispondere di fronte al nuovo papa Innocenzo X.
I due delitti che hanno colpito la famiglia Tebaldi sembrano avere una matrice comune legata all’anatema scagliato da Taddeo Barberini. Il nuovo pontefice Alessandro VII e la curia romana vogliono vederci chiaro e decidono quindi di inviare qualcuno a indagare. Qui entra in scena Tullio Corbet, avvocato francese, trapiantato a Roma da qualche tempo in cerca di fortuna, esiliato dalla sua madre patria per un non ben precisato motivo, una macchia da tenere nascosta ai più.
Il francese viene definito come un uomo dal cuore puro, pieno di amore per la giustizia e di odio per l’iniquità, uniti a un coraggio che rasenta la temerarietà. È l’avvocato che non esita a difendere un povero disgraziato incolpato troppo velocemente per un crimine che non ha commesso. Lo conosciamo proprio in questo frangente: durante l’arringa davanti al tribunale che accusa ingiustamente il giovane, riuscendo a scagionarlo dalle accuse grazie alla sua mentalità razionale e il suo grande spirito di osservazione e analisi dei dettagli.

Aveva avuto la conferma che anche a Roma, come in Francia, la giustizia non era che un ingranaggio in balia del Potere. Un ingranaggio arrugginito che, invece di macinare la farina bianca della verità, schiacciava i deboli e gli inermi, rendendoli schiavi.

L’avvocato non passa inosservato negli ambienti della curia pontificia e viene quindi inviato sotto falso nome e ruolo a Monterotondo per le indagini, accompagnato dal gesuita di origini irlandesi Padre Seàn.
Il francese Tullio Corbet è un uomo dal temperamento forte e determinato. La sua smania che si ripercuote nella continua ricerca della Verità e Giustizia, spesso lo porta ad avere atteggiamenti decisi nei confronti degli altri. Il rischio di far saltare la copertura voluta dal pontefice è alto, il suo indagare sulle vicende può ingenerare più di un sospetto. Per questo gli viene affiancata la figura del gesuita a fare da “cuscinetto”, una sorta di briglia che dovrà tenere a freno Corbet nei momenti più complicati dell’indagine.
Per un carattere come quello dell’avvocato, questa sorta di balia è un’imposizione assai sgradita e il rapporto inizia in un modo decisamente conflittuale. Le battute al veleno tra i due stemperano i toni del giallo in diversi frangenti, permettendo al lettore di entrare in sintonia con i due protagonisti e donando una certa dinamicità e freschezza al racconto.

Non c’è nulla di più pericoloso della superstizione, che allontana le pecore dal pastore e le spinge alla rivolta contro il potere costituito.

La vicenda si svolge quasi interamente nel paesino di Monterotondo ma l’eco degli eventi storici d’Europa si ripercuote in sottofondo. Siamo all’indomani della pace di Westfalia al termine della guerra dei Trent’anni. Scoppiata inizialmente come una guerra tra stati protestanti da una parte e stati cattolici dall’altra, si trasformò ben presto in un conflitto dai forti interessi economici e di potere sui territori del vecchio continente. Soprattutto nella prima parte del libro sono particolarmente interessanti le dissertazioni tra i personaggi del romanzo sulle dirette e indirette conseguenze del conflitto che dal 1618 al 1648 aveva visto impegnate le più forti potenze d’Europa. Degna di nota la conversazione tra Padre Seàn e Tullio Corbet in merito al conflitto anglosassone tra l’Inghilterra protestante e l’Irlanda Cattolica Confederata.
Lo sfondo storico di riferimento è perfettamente inserito e bilanciato dall’autore che con termini semplici, ma non semplicistici, permette di respirare la giusta atmosfera del tempo, senza mai perdere di vista l’impronta del romanzo giallo.
A proposito di questo, Luca Vanoli sorprende il lettore con un colpo di teatro a metà del libro. Storia conclusa? No, perché la morte continua a perseguitare la famiglia dei Tebaldi. Il vero colpevole deve ancora essere smascherato? Qualche erede dei Barberini è tornato per portare a compimento la vendetta e riscattare il nome della sua famiglia?
In questo primo episodio della serie intitolata “Al servizio di Sua Santità”, Luca Vanoli mi ha sorpreso con una storia molto interessante e uno stile di scrittura fluido e accattivante. Come in un macabro gioco al massacro, quando sembra che Tullio Corbet si avvicini alla soluzione un altro corpo viene trovato senza vita, tutti gli uomini della famiglia Tebaldi sembrano cadere sotto i colpi dell’anatema. Ogni omicidio toglie un possibile sospettato ma ne aggiunge degli altri che immancabilmente vengono coinvolti nella vicenda e finiscono sul taccuino dell’avvocato francese. Una corsa contro il tempo per smascherare l’assassino che sta mietendo vittime, con il fiato sul collo dello stato Pontificio che teme il dilagare di una situazione non più controllabile. Un romanzo per il quale mi sento di fare i complimenti all’autore che è riuscito a farmi appassionare alla figura di Tullio Corbet, in attesa di conoscere le altre avventure della serie.

Copertina flessibile: 357 pagine
Editore: Independently published (20 aprile 2020)
Collana: Al servizio di Sua Santità
Lingua: Italiano
ISBN-13: 979-8600586390
ASIN: B087CVYQ2Q
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