Letture condivise

I commenti alla lettura condivisa di Maggio – N. di Ernesto Ferrero

A maggio siamo stati in compagnia di Napoleone e abbiamo vissuto con lui il suo esilio.
Sul gruppo Facebook TSD a
bbiamo letto “N.” di Ernesto Ferrero.
Siete curiosi di sapere cosa ne hanno detto i lettori?
Come sempre, un grazie a tutti i partecipanti.

Trama
Maggio 1814. L’uomo grassoccio e spaventato che approda all’isola d’Elba sembra uno dei tanti commercianti sbarcati a Portoferraio per affari. È Napoleone Bonaparte, Imperatore dei Francesi: la piccola isola di pescatori, contadini e minatori è quello che gli rimane di un regno che si estendeva da Cadice a Mosca. Ma qual è il vero volto dell’Eroe? Per trecento giorni Martino Acquabona, bibliotecario dell’Imperatore, cerca di decifrarne l’enigma e di sviare le nuove tempeste che si annunciano all’orizzonte. Le sue memorie compongono un ritratto obliquo e acuto di Napoleone e dei suoi uomini, delle sue donne, della sua epoca; raccontano seduzioni e tradimenti, attese e paure, odio e fedeltà, alla ricerca di una felicità possibile. Da questo romanzo il film di Paolo Virzì, con Daniel Auteuil, Elio Germano e Monica Bellucci dal titolo N (Io e Napoleone).

Alessandra Ottaviano
Il romanzo è scritto in forma diaristica dal bibliotecario imperiale Martino Acquabona, elbano, letterato e studioso di Napoleone. L’autore, attraverso Martino, ci narra i giorni dell’esilio di Napoleone sull’isola d’Elba dal maggio 1814 al marzo 1815. L’imperatore, dopo la sconfitta di Lipsia e l’abdicazione, sbarca a Portoferraio scortato dagli inglesi, “Le tempeste della storia lo hanno sospinto sulle nostre spiagge, relitto di se stesso.”
Martino nutre una profonda avversione verso “il grande beccaio” fin dal maggio 1809, quando ha appreso che nella battaglia di Essling sono morti 12.000 francesi, ovvero lo stesso numero degli abitanti della sua isola, questo fatto luttuoso lo ha spinto a studiare il personaggio, a interrogarsi sull’origine del grande magnetismo esercitato dal Bonaparte.

Volevo sapere come ha fatto l’orco, il gran pifferaio a incantare i suoi sorci per quasi vent’anni?

Come sia riuscito a dominare la scena politica della Francia e tenere in scacco l’Europa intera, papa compreso.
L’autore attraverso questo lungo memoriale ci rende stralci dei punti salienti della vita di Napoleone ma, soprattutto, ci regala profonde riflessioni sul senso della vita, della letteratura e del ruolo dell’intellettuale, espresse quasi in forma di aforismi. Man mano che passano i giorni lo sguardo del bibliotecario cambia notevolmente e si ammorbidisce, mette da parte il suo proposito di uccidere l’imperatore per vendicare le innumerevoli vite perse e lo vede con occhi nuovi, per quel che è: un uomo solo, ferito nell’orgoglio, tradito dai suoi uomini più fidati, da sua moglie, la cui epopea è stata brutalmente stroncata da condizioni avverse.

Temo che in me la passione dello storico o del cronista sia più forte di quella del giudice o del vendicatore.

Un memoriale dallo stile curato ed elegante che induce a riflessioni profonde e incantano il lettore inducendolo a interrogarsi, raggiungendo vette di impatto emotivo notevoli.

Per questo dovrebbero vivere gli uomini: per imparare a leggersi nella sventura.

Matteo Palli
È stata una lettura particolare e provo a spiegarmi. La prosa è di alto livello al pari di molte profonde riflessioni presenti nel testo. La figura che ne esce non è molto gratificante. Il declino di un “vero” potente quale è stato Napoleone (per gli amici N.) che non si rassegna alla fine dei bei tempi e con l’arroganza ,ma anche il forte pragmatismo che gli ha permesso di svettare, cerca di costruire un piccolo impero nella bellissima isola d’Elba. In dei passaggi sembra di essere in presenza di una farsa comparando l’atteggiamento sprezzante dell’uomo alla sua situazione del momento di esilio e di “libertà vigilata”. Romanzo scritto in forma di diario, raccontato in prima persona con pochissimi dialoghi. Il risultato come detto è di qualità stilistica ottima ma non ho apprezzato la scelta. Secondo me si perde in molti punti il filo della storia di fronte a un vero e proprio memoriale. Un libro da leggere ma che non rileggerei. Bellissimi i passaggi sulla lettura, sui confronti tra N. e illustri personaggi del passato e sul ruolo salvifico dei libri.

Sonia Morganti
Non pensiate di trovare una biografia di Napoleone raccontata da un esterno.
N. è qualcosa di diverso. È un mosaico.
Martino Acquabona, bibliotecario dell’isola d’Elba, nel suo diario racconta l’arrivo di Napoleone, le reazioni e i mutamenti che suscita in lui e in quella gente aspra e salmastra che vive in simbiosi con l’isola.
Come tutta la sua generazione e quella seguente, Martino si era ideologicamente infatuato di Napoleone. Era il nuovo, il vento giunto a spazzare via le foschie del passato. Come tutti gli innamorati traditi, finisce per odiarlo e vagheggia di ucciderlo. Ma quando se lo vede davanti, qualcosa accade.
“A questo io non ero preparato”, dice.
Così, con la concupiscenza tipica dei sentimenti accesi, siano positivi o negativi, Martino studia N.
Lo osserva, lo descrive, riflette. Lo sfruculia con ingiurie taciute, lo sente vicino e poi abissalmente lontano.
La lente attraverso cui osserva Napoleone si rompe in tanti frammenti – tanti quante le pagine del suo diario – e diventa uno specchio.
Cercando il vero sull’uomo che ha deciso di odiare, Martino scopre se stesso.
D’altronde, i libri e le parole sono la vita di Martino.
E leggendo, mi sono resa conto che vediamo la storia con tre paia d’occhi: con quelli di Martino, con i nostri, ma anche con quelli dello scrittore.
Noi viaggiamo a metà strada. Seguiamo Martino, guidati da Ferrero.
C’è un gioco molto raffinato che si intreccia alla trama, legato al leggere e allo scrivere.
Sono strumenti di conoscenza, di esperienza, che acuiscono i sensi e ne scardinano i limiti. Imprecisi nei tempi e nei modi ma potentissimi negli esiti.
Martino, bibliotecario, lo sa bene. Ferrero anche: gioca con lui, con noi, con N.
Forse il pregio maggiore del libro sono le riflessioni sul leggere, il vivere, lo scrivere. Su chi siamo, cos’è l’uomo, sull’equilibrio instabile tra immagine e sostanza, sul caso e sulle scelte che portano due coetanei ai poli opposti dell’esistenza, fino a diventare uno quello che comanda e l’altro quello che sogna di premere il grilletto contro di lui.
Un romanzo non lineare, da bere a sorsi piccoli e frequenti, gustando le riflessioni che lo costellano, le descrizioni magistrali, i ritratti degli elbani, del seguito di N. e il sapiente uso del dialetto.

Isabella Novelli
Questo romanzo di Ernesto Ferrero mi è piaciuto molto. Conoscevo già lo scrittore per i suoi libri su Salgari “Disegnare il vento” e quello “dell’anno del l’indiano” e anche per averci lavorato insieme al Salone del Libro dove lui era il direttore, quindi sapevo già più o meno cosa aspettarmi da questo libro. Un Napoleone a tutto tondo, narrato con gli occhi di Martino, il suo bibliotecario. Un libro con una ricerca storica non indifferente, un’analisi lucidissima del carattere del personaggio: un grand’uomo che non si arrende davanti a nulla, lotta fino alla fine dei suoi giorni, convinto fino in fondo di poter cambiare le sorti della Storia. Con lui l’analisi di tutto il suo entourage, personaggi di contorno amati e odiati, vincitori e vinti al tramonto di un’epoca. Un uomo che non cede neanche di fronte all’evidenza, una persona davanti alla quale Martino Acquabona non sa decidersi a compiere un gesto estremo, perché l’odio si confonde con una sorta di venerazione a cui Martino non è capace di sotrarsi. Un uomo che viene mandato alla fine dei suoi giorni in esilio in una sperduta isola africana (Sant’Elena) affinché il mondo cerchi di dimenticarsene. Un Napoleone che da questo ritratto che ne fa Ferrero ne esce vittorioso, anche nelle sue debolezze, nel suo essere uomo prima che essere un monarca, nei suoi errori e nelle sue grandi illusioni. Un diario bellissimo, questo romanzo che racconta un Napoleone inedito, che merita di essere letto per l’accurata ricerca storica e per il ritratto particolare che fuoriesce da questo racconto.

Laura Pitzalis
Un libro che mi ha lasciato un po’ confusa. Mi aspettavo un romanzo sulla vita di Napoleone Bonaparte e invece mi sono trovata a leggere un romanzo introspettivo, dove Martino Acquabona, il protagonista e la voce narrante, attraverso un percorso interiore di sofferenza e disaggio, cerca di convalidare le ragioni del suo odio verso Napoleone, seguendolo e studiandolo da vicino ora che, dopo la caduta, è confinato nell’isola d’Elba.
Queste sue considerazioni che annota in un diario, dove appunta con uno stile cronologico tutti gli eventi riguardanti Napoleone ad Elba, ci portano gradualmente ad una riflessione profonda.
Perché, si chiede Martino, le persone possono rallegrarsi delle imprese assassine di quest’uomo che tutti chiamano Eroe, un uomo che ammazza tremila cristiani in una battaglia?
Come possono esserci moltitudini adoranti che corrono ad uccidere e si fanno uccidere nel suo nome?
Il romanzo quindi è un testo molto riflessivo dove il racconto, in forma diaristica, della quotidianità di Napoleone nell’isola, prende la forma di meditazioni su tanti aspetti della vita ma anche su quello che i libri possono dare sia a chi li scrive, sia a chi li legge.
Confesso che è un romanzo che non mi ha catturata del tutto, non smaniavo dalla voglia di riprendere la lettura, a tratti l’ho trovato lento, piatto. I personaggi mi sono sembrati privi di spessore, nessuno ha predominato, nessuno mi ha attratto o ha catalizzato la mia attenzione. Nessun coinvolgimento, pathos o tensione emotiva.
Ciononostante non riesco a dare un giudizio negativo. Nonostante alcuni punti veramente ostici, non sono riuscita a dire: “ basta, lo mollo qui!”
Forse per quel amalgamarsi dei personaggi principali con contadini, fornai, mercanti, prostitute, dove il linguaggio colto di Martino e dei nobili si alterna a quello dialettale, con le varie sfumature di sarcasmo e d’ironia, tipica della mentalità semplice e genuina dei contadini toscani.
O forse per le descrizioni dei luoghi dell’isola e dei ricordi evocati da questi.
Sublime ho trovato il brano dove Martino identifica i rumori della sua infanzia con quelli dei mulini!
Sicuramente un grande peso l’ha avuto il finale che non mi aspettavo, un finale, vero gioiellino di suspense, che ha innalzato ai miei occhi il risultato.
Un giudizio quindi positivo per un libro che va letto, analizzato e assaporato in tranquillità, senza fretta: come un buon bicchiere di Vermentino ghiacciato seduti ad ammirare un intenso tramonto sul mare.

Matilde Titone
Valutazione finale: mi è piaciuto q. b. Non potrei dire che mi ha preso, non posso neppure affermare che l’ho letto con fatica. Libro molto colto, erudito, raffinato ed elegante, mette in primo piano forse troppo (non mi sparate) la cultura classica dello scrittore attraverso l’intellettuale Martino Acquabona. La ricostruzione del giorni di N. all’Elba è perfetta, la recitazione di questo personaggio che si esprime per citazioni proprie, esibisce conoscenze enciclopediche, come fosse su un grande palcoscenico mi ha intristita, mi ha fatto pena. Martino mi è piaciuto moltissimo, così alienato dal mondo eppure così dentro il mondo, la storia, la vita il pensiero sulla vita, sulle relazioni tra gli esseri umani, la grande scoperta dei lati umani del mostro che poi non è così mostro come lui pensava. La visione manicheista del bene e del male infranta, sconquassata, l’ho trovata molto ben descritta. Come ho già detto mi sembrava di starci dentro pure io in quel contesto tra le case, le stanze, le buone cose di pessimo gusto. E in finale Napoleone è un eroe o un mostro? Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza. Il libro è un piccolo scrigno di conoscenze socio economiche dell’Italia dell’800,dopo la ventata, comunque sia rivoluzionaria, portata dalle truppe napoleoniche e il provincialismo atavico di questo Paese. Ricorda Gadda per gli epiteti terribili con cui N. viene apostrofato, simili a quelli con cui C. E. Gadda investiva M. ricorda le lettere di Seneca a Lucilio, trasuda cultura classica. Io preferisco scitture più d’impatto emotivo, ma certamente apprezzo tanta capacità di narrare la storia tramite la conoscenza minuziosa dei classici da parte dello scrittore. Mi è venuta voglia di conoscere Ferrero, più che approfondire la storia dei giorni elbani di Napoleone.

Marinella Galbiati
Mi è piaciuto molto lo stile così come l’attenta scelta di termini. mi ha mostrato un N. molto diverso da quello conosciuto in testi di saggistica. Ammetto che mi sono spesso persa nei riferimenti a persone e accadimenti storici ma mi ha stimolato a leggere altro sul periodo storico. Tutto sommato una lettura piacevole… tranne come già scritto l’ultimo capitolo…

Roberto Orsi
Il libro di Ernesto Ferrero ha uno stile di scrittura molto particolare. Le vicende ci vengono raccontate sotto forma di diario personale del bibliotecario Martino Acquabona. Un elbano che si ritrova di fronte all’improvviso Napoleone Bonaparte (N.) in esilio sulla piccola isola toscana. Sentimenti contrastanti lo animano lungo tutto il percorso della narrazione: lo troviamo ostile e deciso addirittura ad ucciderlo, appena l’Imperatore ormai in declino mette piede sul suolo elbano, e dopo qualche capitolo lo sorprendiamo in versione quasi adorante per gli atteggiamenti e il carattere volitivo e autoritario del francese. Le pagine del romanzo di Ferrero ci raccontano le vicende legate al breve esilio di Napoleone su un’isola che provò a rendere sua in ogni modo, senza probabilmente riuscirci fino in fondo. Relegato su questo spicchio di terra, tenuto a bada dai soldati inglesi e dalla popolazione locale travolta da un uragano quale doveva essere N. Le riflessioni di Martino su N. e sulla vita in sè stessa, diventano presto le riflessioni del lettore. Acquabona si specchia nella figura dell’Imperatore francese scoprendo piano piano quanto un personaggio di tale carisma e fama, non fosse poi cosi lontano dal più normale degli esseri umani, con le sue debolezze, paure e timori. I dubbi di Martino Acquabona diventano quelli del lettore, che inizia a porsi domande sulla figura di N., su quanto ha portato nella Storia d’Europa e non solo, sulle azioni di guerra e le strategie politico/militari. Attraverso gli occhi del bibliotecario scopriamo un altro Napoleone. Lo stile diaristico in alcuni punti diventa forse un po’ troppo frammentato e non consente una lettura lineare come può capitare in un romanzo di narrativa, tuttavia molti passaggi sono degni di nota, con una prosa molto profonda.

Maria A. Bellus
Un diario che dura 300 giorni…
Mi aspettavo qualcosa di più su Napoleone, si è rivelata una figura marginale che si mescola ai tanti personaggi del romanzo perdendo un po’ della sua importanza.
Il protagonista in assoluto è Martino Acquabona, bibliotecario voce narrante, un personaggio pieno di insicurezze e inquietudini, con stati d’animo diversi nei confronti di Napoleone imperatore.
Un libro per appassionati, ben scritto con un ottimo stile ma non avvincente, non un libro da leggere tutto d’un fiato.

Costanza Marzucchi
Questo romanzo è piuttosto insolito, soprattutto per la struttura narrativa scelta. L’espediente del romanzo è particolarmente efficace per esprimere i pensieri e le riflessioni di Martino che cerca vanamente di comprendere il mistero che si cela dietro a Napoleone. Il suo avvicinamento all’oggetto della sua ricerca lo porta gradualmente ad abbandonare il rigore scientifico necessario a comprendere la natura del condottiero francese. Sotto alcuni aspetti Martino ripercorre la via idealistica di Jacopo Ortis ma, a differenza del personaggio foscoliano, il suo idealismo è animato dal fascino della carta, senza mai scivolare in un sentimentalismo fine a sé stesso. Lo stile è scorrevole, immediato. Il tono è ironico e riflessivo. La storia del soggiorno elbano è l’espediente per interrogarsi sulla questione del giudizio storico dell’operato dei personaggi che hanno lasciato un segno nella storia, un processo di ricerca e analisi in costante evoluzione che porterà ad un esito sorprendente. Martino si addentra nel mistero di Napoleone…ma riuscirà a svelarne il mistero? Ai lettori l’ardua risposta.

Cristina Costa
Sono alla seconda lettura, la prima fatta anni fa per un gruppo di Lettura, percorso sulle biografie dei grandi personaggi storici. A dire la verità non ne avevo un bel ricordo, lentissimo e noioso. Per questo che la lettura condivisa l’ho accolta con gioia, perchè mi sembrava giusto dargli un’altra possibilità… e per fortuna!

Eliana Corrado
Su e di Napoleone non avevo mai letto nulla e mi sono buttata con grande entusiasmo in questa lettura.
Non posso dire di esserne rimasta delusa, ma non mi ha conquistata o forse mi ha avvinto solo a tratti.
Dopo un primo capitolo (o forse un prologo) dalle grandi promesse, in cui assistiamo a un Napoleone sotto scacco dalla pistola puntatagli contro da Martino, il suo bibliotecario sull’isola d’Elba, suo luogo d’esilio, il libro vira a una sorta di memoriale diaristico. Tramite le annotazioni di Martino, viviamo con Napoleone il suo esilio, un esilio che però N vive da imperatore con tutti i privilegi che il suo ex-titolo gli conferisce. Torniamo indietro nel tempo, a quando gli isolani vedono sconvolta la loro vita e il loro naturale isolamento per l’arrivo di N e vediamo farsi strada in Martino l’ammirazione, ma anche una sorta di odio verso N. Il perché di questo odio e il perché del gesto che fa da ouverture al libro. Il diario, poi, cede il passo a uno splendido capitolo conclusivo in cui il nipote di Martino prende voce e molte cose possono essere viste da una angolazione diversa.
La scrittura di Ferrero è splendida, non si contano i passaggi che colpiscono, le riflessioni che scaturiscono, i rimandi all’oggi. Ma la forma diaristica rende, a mio avviso, tutto un po’ monocorde e a tratti noioso non facendo godere appieno del libro e facendogli perdere fluidità.
Tuttavia, la lettura del libro di Ferrero è consigliato a chi vuole leggere di un Napoleone non impegnato in battaglie e strategie militari e di conquiste territoriali, ma di un Napoleone più umano e “intimo”, in una curva discendente del suo potere ma non della sua fama.

Giordana Guadagnini
A me è piaciuto tanto, in modo particolare la scelta stilistica del diario e l’epilogo finale.
Ho letto le recensioni degli altri partecipanti, vorrei scusarmi per la mia pressoché assente capacità di recensire: trovo molto difficile esprime il mondo di sensazioni e pensieri che un libro mi lascia dentro.

Maria Marques
Ernesto Ferrero racconta il suo Napoleone, ovvero N. del titolo, e lo fa attraverso il diario di Martino Acquabona, il bibliotecario.
Napoleone è in esilio all’Elba, un piccolo regno per un uomo abituato a ben altri spazi. Attraverso le pagine del diario, si assiste al cambiamento di Martino che all’inizio addirittura vuole uccidere N. e poi muta il suo animo cedento alla curiosità e lasciandosi ammaliare dalla personalità dell’imperatore.
Attraverso il diario di Acquabona, l’autore riesce a descrivere la situazione degli abitanti dell’Elba che si ritrovano in casa un simile personaggio ma anche a regalare al lettore innumerevoli considerazioni sulla vita mentre Martino riflette con se stesso e su N.
E N. che emerge dalle riflessioni del bibliotecario non è un essere invincibile, ma un uomo solo, nonostante la corte di persone che lo circonda.
La forma diaristica frantuma la narrazione, la spezzetta,creando una sorta di vuoto emozionale che rende algido un romanzo in cui lo stile dell’autore, perfetto, non è riuscito a catturarmi completamente.

Alice Croce Ortega
Premetto che tra i romanzi storici in genere preferisco quelli che parlano di eventi minori, magari di personaggi semisconosciuti e in cui vengono ricreati mondi antichi con i loro usi e costumi; niente di più lontano da un Imperatore, da un personaggio di fama mondiale che ha cambiato la storia e la società di cui faceva parte. Questo libro però all’inizio mi ha colto di sorpresa perché mi aspettavo che Napoleone fosse il protagonista, e invece non è esattamente così. Anche se va considerato che N. dovunque vada finisce per essere, in qualche modo, protagonista: la personalità a dir poco ingombrante, la sua innata capacità di suscitare affetto e simpatia, le sue imprese lo precedono; ed è così anche in questo romanzo e nella piccola Isola d’Elba, dove il nostro protagonista vero (secondo me), Martino, lo attende con curiosità e malcelata insofferenza. Sembra che dica: ma guarda, proprio questo mi doveva capitare tra capo e collo, a turbare la mia tranquilla esistenza di erudito e isolano…
Il fermento che l’arrivo di N. suscita sull’isola è notevole, Martino lo vive con lo scetticismo che lo contraddistingue nei confronti di questa figura così discussa. Certo è che con lui, N., la piccola isola si scuote, anche perché è stata oggetto di scelta da parte di Sua Maestà: ignoravo assolutamente che il Nostro avesse scelto personalmente l’isola per il suo esilio (preferendola a Corfù) in seguito alla disfatta di Lipsia e al trattato di Fontainbleau del 1814, per poi regnarvi praticamente per quasi un anno e portandovi più innovazioni di qualsiasi altro governo. Così N. arrivò all’Elba, guarda caso, dopo essere stato fino al giorno prima (o quasi) Imperatore di Francia, e la unì sotto un’unica bandiera, cosa mai successa prima e pare neanche dopo: quindi non c’è da stupirsi, se gli isolani lo ricordano ancora adesso.
E proprio nel subbuglio che risvegliò questo territorio semiaddormentato si svolge la vicenda umana di Martino che, anche lui turbato nella sua vita di studioso, si affaccia per un attimo alle passioni del mondo, per poi essere costretto ad allontanarsene bruscamente, suo malgrado.
Si è già detto delle splendide riflessioni sui libri e sulle voci che ci parlano attraverso di essi, ma quello che mi ha maggiormente colpito è stato il rapporto che si instaura a poco a poco, tra la personalità di N. e quella di Martino: pur così diverse, queste entrano in qualche modo in contatto; il duetto culmina nella scena in cui, poco prima della partenza di N., i due si scambiano messaggi tramite due libri aperti “casualmente” a una certa pagina. Martino, malgrado le sofferenze e i torti che si è visto costretto a subire, arriva quasi a capire il suo “antagonista”. Tuttavia, la cosa non è reciproca: come dicevano gli antichi, “aquila non captat muscas”, l’aquila non si cura delle mosche; N. “legge” anch’egli nell’animo di Martino, da grande conoscitore dell’essere umano qual era, ma non gli importa nulla di comprenderlo.
Ho amato molto anche l’epilogo, in cui il personaggio di Martino si svela finalmente a una visione dall’esterno, da qualcuno che lo ama e lo stima; una visione globale, di cui alla fine di questo romanzo così ricco e articolato si sente davvero il bisogno, e che chiude la vicenda con un velo di malinconia.

Fabiola Màdaro
Lettura impegnativa!
Ci ho messo un pò ad abituarmi allo stile di scrittura ricercato e profondo, sicuramente di alto livello, che l’autore ci offre, ma una volta entrata nel meccanismo è diventato piacevole e più comprensibile.
Il racconto è scritto sotto forma di diario che Martino Acquabona, bibliotecario imperiale al tempo dell’esilio di Napoleone sull’Isola D’Elba, scrive per tenere memoria delle sue impressioni, dei suoi sentimenti estremamente contrastanti, verso il grande imperatore.
Ne emerge il ritratto di un uomo una volta potente, ormai in declino, che però mantiene ben saldo il suo atteggiamento di potere e di comando.
Sentimenti contrastanti, appunto, perché Martino nutre un amore-odio nei confronti di Napoleone, ne osserva il comportamento e lo giudica in segreto. Lo ammira, lo odia, matura persino l’idea di poterlo uccidere…
Il libro è ricco di spunti di riflessione, molti basati sul potere dei libri e sui personaggi in essi citati.
Sicuramente non è stata una lettura facile, non è un romanzo travolgente, con colpi di scena e personaggi a sorpresa. I pochi dialoghi, il racconto in prima persona, rendono il tutto come una barca che galleggia calma alla deriva. E questo da più spazio alle profonde riflessioni che questa lettura porta a fare sulla vita e sulla morte.
E proprio a questo proposito, una frase più di tutte mi ha colpito per la sua verità e perché racchiude in sé il sentimento di Martino:

La morte non arriva che una sola volta, eppure si fa sentire ad ogni momento della vita: è più duro conoscerla che soffrirla.

È un Napoleone diverso quello che emerge da queste pagine, visto attraverso i suoi occhi, quasi un personaggio di sfondo, ma la sua presenza è comunque ingombrante al punto da mettere in discussione gli equilibri e le certezze di Martino e degli altri abitanti dell’isola.
Non è una lettura lineare e scorrevole, a volte addirittura un po’ lenta, ma decisamente profonda per i pensieri che lascia emergere.
Non il classico romanzo su Napoleone, ma una lettura che sicuramente va fatta per gli amanti del genere.

Formato: Formato Kindle
Dimensioni file: 692 KB
Lunghezza stampa: 329
Editore: EINAUDI (26 agosto 2014)
Venduto da: Amazon Media EU S.à r.l.
Link di acquisto cartaceo: N.
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