Articolo a cura di Laura Pitzalis
Siamo nel blog TSD e quindi non si poteva celebrare Raffaele Sanzio, a 500 anni dalla sua morte, se non con un articolo in puro stile “thriller storico”, che riguarda proprio la sua morte: quale fu la causa? Malattia o omicidio? Se non si conoscono le reali cause che portarono alla morte dell’artista, soprattutto per mancanza di diagnosi certe, al contrario esistono numerose teorie. Vale la pena, quindi, indagare per fare un po’ di chiarezza.
Il 6 aprile del 1520, venerdì santo, alle tre del mattino moriva, a soli trentasette anni, Raffaello Sanzio, dopo quindici giorni di malattia iniziata con febbre continua e acuta, inutilmente curata con ripetuti salassi, causata, probabilmente, da eccessi amorosi … Così riportano le cronache ufficiali di quel periodo.
Secondo il Vasari, Raffaello era “persona molto amorosa affezionata alle donne e ai diletti carnali” e che “dopo aver disordinato più del solito tornò a casa con la febbre”.
Da quello che ha scritto il Vasari ne possiamo dedurre che l’artista della bellezza ideale, il pittore e architetto italiano tra i più celebri del Rinascimento, conduceva una vita sessualmente molto, molto attiva. Un vero e proprio libertino! Potremo, quindi, ipotizzare che avesse contratto qualche malattia a trasmissione sessuale che causò la famosa febbre che lo portò alla morte.
Sempre dalle cronache del periodo veniamo a sapere che già dopo pochi giorni dalla sua morte, cominciò a circolare qualche dubbio: e se non fosse morto in seguito ad eccessi amorosi? E se fosse stato vittima di un complotto?
In questo caso, come ogni indagine che si rispetti, ci poniamo la più fondamentale delle domande: chi è l’assassino? Chi poteva avere interesse a uccidere Raffaello? Qualche emissario di un religioso? Un marito geloso? Un collega invidioso?
Tengo a precisare che tutte le teorie che si valuteranno in quest’articolo sono da circoscrivere solo e unicamente al campo delle ipotesi o delle maldicenze, che ovviamente nessuno può confermare.
Dando per buona la teoria del complotto, andiamo a valutare i vari “moventi” che avrebbero potuto guidare la “mano assassina” e l’“arma del delitto” …
Raffaello, negli anni alla corte del Papa, collezionò un numero incredibile d’incarichi non solo pittorici ma anche architettonici e archeologici.
Nel 1509 Papa Giulio II decise di ristrutturare una serie di stanze nell’ala nord dei Palazzi Vaticani. Raffaello non era il solo artista convocato e presente a Roma, ma quasi subito è lui che ottiene la piena responsabilità di una di esse, la Stanza della Segnatura. Il successo dell’opera gli guadagnò il monopolio di tutti i successivi incarichi pittorici in Vaticano. Anzi alla morte del Bramante, nel 1514, questi incarichi si estesero alle imprese architettoniche, inclusa la nuova basilica di San Pietro. È suo il progetto che modificherà radicalmente quello di Bramante soprattutto per quanto riguarda la trasformazione della pianta della chiesa da croce greca a croce latina.
Inoltre avendo un grande interesse per l’antichità, ma anche “preso dalla pietà per le distruzioni di monumenti causate dal tempo e dagli uomini” scrisse a Leone X un accorato rapporto sullo stato di abbandono, e, ricevuto l’incarico di occuparsene, da perfetto archeologo fece una completa ricostruzione filologica degli antichi monumenti romani. Fu lui, dopo aver ricevuto la nomina di “Architetto e Soprintendente alle Antichità di Roma”, a tracciare una pianta di Roma antica, con allegate le singole relazioni di ogni monumento.
Da tutto questo possiamo dedurre che Raffaello viveva in un ambiente che brulicava di artisti, più o meno competenti, che potevano essere invidiosi della sua carriera alla corte del Papa, dei suoi innumerevoli incarichi e della sua fama che ormai varcava le frontiere. E quindi di persone “indiziate”.
In effetti sbarazzarsi di personaggi scomodi era una pratica molto in voga nel 1520, anno in cui si verifica una strana moria di grandi personalità, come: Massimiliano I, Ippolito d’Este, Magellano, Pier Francesco de Medici. E anche a Roma il clima era rovente, basti pensare a Baldassarre Peruzzi, architetto che collaborò alla stesura del progetto della Basilica di San Pietro che morì avvelenato.
Uno di questi “indiziati”potrebbe essere Sebastiano del Piombo che in numerose occasioni cercò di screditarlo. I due entrarono in forte competizione quando il cardinale Giulio de’ Medici commissionò due pale d’altare: una a Raffaello, la Trasfigurazione, e una a Sebastiano, la Resurrezione di Lazzaro. Esiste una documentazione di questa rivalità: una missiva che Del Piombo scrisse a Michelangelo dove diceva di aver rallentato la lavorazione della pala d’altare perché non voleva che Raffaello vedesse la sua prima che gli avesse sottoposta la propria.
Un altro potrebbe essere Giuliano da Sangallo che nominato con Raffaello e Fra Giocondo architetto capo della fabbrica di San Pietro, alla fine fu escluso dalla sua progettazione.
Oltre all’invidia un altro movente potrebbe essere di natura economica e riguardare i debiti accumulati da papa Leone X che, nonostante i ricchi guadagni derivati dalle indulgenze, pare dovesse parecchi soldi all’artista. Questo, secondo alcuni, avrebbe portato a ideare un piano per … cancellare il debito.
Ma come morì Raffaello?
Sempre secondo la cronaca del periodo, Raffaello potrebbe essere stato avvelenato e l’ipotesi di un avvelenamento da arsenico resta la più accreditata. Perché? Nel 1722, all’epoca della riesumazione, il suo corpo fu rinvenuto quasi integro: è noto che l’arsenico assunto in dosi massicce tende a preservare i corpi dal decadimento.
Ricordiamoci che tutto questo non ha nessun riscontro certo e che siamo sempre nel campo delle supposizioni.
Probabilmente non sapremo mai la reale causa della morte che portò via al Pantheonmondo, ancora in giovane età, Raffaello Sanzio, considerato uno dei più grandi artisti d’ogni tempo, divenuto mito ancora prima della sua scomparsa.
Sappiamo, invece, con certezza che la sua morte lasciò un grande vuoto nel mondo culturale e causò molto dolore al Papa e a chi lo conosceva.
Tutti fino allora avevano guardato il “Principe dei pittori” come a un essere divino, tanto “divino” da paragonarlo a una reincarnazione di Cristo.
Il suo corpo fu sepolto nel Pantheon, come egli stesso aveva richiesto. Pietro Bembo, scrittore umanista suo amico, compose per lui questo epitaffio:
«ILLE HIC EST RAPHAEL TIMUIT QUO SOSPITE VINCI RERUM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI»avvelenm
(«Qui giace quel Raffaello, da cui, vivo, Madre Natura temette di essere vinta e quando morì, [temette] di morire [con lui]. »)
FONTI
http://www.artuvisite.com/visite-guidate-urbino/raffaello-sanzio-genio-dellarte-rinascimentale/
https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/2018/05/gli-eccessi-amorosi-che-uccisero.html
https://artselfiemuseum.altervista.org/i-cold-case-dellarte-lomicidio-di-raffaello-sanzio/
https://liveromeguide.wordpress.com/2015/10/01/la-morte-del-divino-raffaello-sanzio/