Narrativa recensioni

Hans Mayer e la bambina ebrea – Eleonora E. Spezzano

Trama
Varsavia, 1941
Hans Mayer è un ufficiale della Wehrmacht, schivo e solitario, che si limita a percorrere ogni giorno la strada che lo separa dalla caserma cercando di non badare agli sguardi di disprezzo che lo circondano. Vive reprimendo un passato oscuro e turbolento dal quale cerca inutilmente di allontanarsi da anni. È chiuso in un circolo vizioso di incertezze che lo hanno portato a riflettere sul suo ruolo. Niente nella città monotona che è diventata Varsavia gli fa credere che le cose un giorno possano cambiare.
Una sera d’autunno il destino lo mette alla prova, giocando una delle sue carte più pericolose, lanciandogli una sfida inizialmente impossibile che con il tempo si trasforma nella sua unica ragione di vita. La sua casa diventa l’unico porto sicuro in mezzo all’enorme campo di battaglia in cui si è trasformato il mondo, il luogo in cui nascondere tutto ciò che le altre creature dalle divise verde bottiglia non devono vedere.
Il gelo crudele dell’Olocausto sta penetrando lentamente nel cuore degli uomini, ma Hans è pronto alla disobbedienza. Si ritroverà di fronte a un bivio, costretto a decidere se scommettere su tutte le sue sicurezze o rinunciare. L’innocente Marie è il suo segreto indicibile, la sua sfida al sistema, il suo inno alla libertà, una rincorsa verso la luce.
Dove finisce, allora, il dovere morale e dove comincia l’imperativo della coscienza?
Nella mostruosità di una singola immagine, in un labirinto contorto di cose, oggetti e persone, nelle parole sussurrate al buio, sottovoce, parole rubate per paura di un tradimento, negli incubi notturni che prendono forma, in una continua e convulsa lotta per la sopravvivenza.
La penna della giovane Spezzano, agile e commovente allo stesso tempo, accarezza le ferite dell’anima e quelle della Storia, sa sapientemente narrare di una fuga ineluttabile alla ricerca del tepore esistenziale, con un tocco delicato e morbido, privo di pietismo.
Hans Mayer e la bambina ebrea è un ritratto intenso e drammatico del capitolo più cupo del Novecento che dimostra la forza potente di un amore puro, incondizionato e ribelle.

Recensione a cura di Roberto Orsi
Bonfirraro Editore ha scommesso su una giovanissima per questa nuova uscita. E posso dire che la “scommessa” è risultata vincente.
Eleonora E. Spezzano ha solo quattordici anni. Più volte durante la lettura mi sono sorpreso a ripensare a questo dettaglio, mentre le parole del libro mi scorrevano davanti agli occhi. L’autrice dimostra una sensibilità rara, anche in autori molto più longevi di lei. Ci sono dei passaggi del libro che davvero colpiscono per la delicatezza di cui le frasi sono permeate, pur trattando un argomento che di delicato ha davvero nulla.
La storia raccontata è di quelle particolari, che fanno battere il cuore. L’olocausto, su cui tanto si è scritto e si continua a scrivere, non è un tema facile da trattare. Eleonora Spezzano non ci mostra la parte più terribile di quel periodo, lascia sullo sfondo le brutture e le nefandezze di un regime che ha fatto della violenza il marchio più riconoscibile. Il romanzo riporta una storia scaturita dalla fantasia dell’autrice ma molto realistica e verosimile.

Fin da quando mi avevano messo addosso la divisa sapevo che sarei diventato un mostro, una macchina fatta di ferro e cavi intersecati fra di loro solo per fare del male. Ero un ragazzino dal cuore spezzato, troppo giovane per reggere tutto il peso che mi avevano messo addosso, ma di questo ancora non mi rendevo conto.

Il primo impatto con la divisa e il nazismo. Un discorso che ho già avuto modo di affrontare in altri articoli e recensioni su libri dello stesso genere. Come ci si sentiva a indossare quella divisa e capire, forse non da subito, che si sarebbe stati complici di un massacro senza precedenti? Come ci si addormentava la notte con questo pensiero in testa?
Hans Mayer non fa difetto in questo ragionamento, anzi lo porta all’estremo. Ufficiale della Wermacht di stanza a Varsavia. Un uomo che ha già vissuto da giovane l’orrore della discriminazione. Con sapienti flashback ben amalgamati nelle vicende raccontate, conosciamo un giovane Mayer che si scontra con le idee nazionaliste del padre. Un partito che all’inizio degli anni ‘30 in Germania ha già molti consensi, grazie a un uomo che ha saputo convogliare la delusione dei tedeschi per la sconfitta nel primo conflitto mondiale, contro coloro ritenuti unici responsabili: gli ebrei.

Con un cameo degno di nota, l’autrice ci racconta di un amore impossibile tra Hans e Anna, giovane ragazza ebrea di Berlino. Un amore che Mayer è costretto a interrompere sul nascere a causa di un padre che non lo potrebbe mai accettare. Anna sarà vittima delle leggi razziali qualche anno più tardi e Hans costretto ad arruolarsi nella Wermacht e trasferito in Polonia all’indomani dell’invasione tedesca.
Costretto all’obbedienza da ordini superiori, affronta una ribellione interna che non gli lascia tregua. Hans non comprende il male gratuito, non si dà pace per quell’amore soffocato a cui ha dovuto rinunciare.
Un malessere interiore che in qualche modo deve sfogarsi. Se non è possibile urlarlo al vento, allora è possibile fare qualcosa almeno per alleviarne la potenza distruttiva.

Quando Marie entra prepotentemente nella sua vita, Mayer non può chiudere gli occhi. Non può fare finta di nulla. La bambina, a differenza dei genitori e del fratello, è sfuggita a uno dei rastrellamenti da parte dei tedeschi e ha bisogno di aiuto. L’incontro fortuito tra i due per le strade di Varsavia cambia radicalmente le loro esistenze.

Avevo l’inconscia sensazione che se Marie fosse morta, sarebbe morta anche una parte di me. Sapevo che ciò era una follia per molti motivi, ma una riflessione più di tutte le altre mi sfiorò come uno spettro: mi stavo affezionando a una bambina ebrea.

Nasconderla alle SS e salvarla da morte certa, diventa l’unica ragione di vita di Hans Mayer. Il rischio è molto alto, si tratta di alto tradimento e rischia la fucilazione se venisse scoperto.

Una storia di grande umanità, di un amore che spinge ad affrontare rischi incalcolabili, mettendo a repentaglio la propria vita per il bene di altre creature.

Quella bambina mi aveva tolto la libertà e la sicurezza, ma mi aveva ridato la vita.

La rinascita di Hans Mayer si realizza pagina dopo pagina. Proseguendo nella lettura assistiamo a un graduale ma deciso cambiamento nel protagonista. Se all’inizio lo troviamo cupo, schivo e tormentato da demoni interiori, successivamente Hans ritrova fiducia e voglia di vivere grazie a Marie e alla sua innocenza di bambina.
L’amore, quello protettivo e non possessivo, è il protagonista principale del romanzo. Un sentimento che travalica le differenze di genere, razza e cultura.

Ebreo. Era una di quelle parole che gli uomini inventano perché vogliono essere diversi gli uni dagli altri. Perché per gli uomini un nero non si può chiamare come un bianco e un bianco non può avere lo stesso di un giallo.

Una storia che insegna molto, ancora di più se pensiamo che è stata scritta da una ragazza molto giovane di soli quattordici anni. Una penna delicata che ha saputo rendere le giuste atmosfere evocative di una storia drammatica, bagnata da una luce di speranza attraverso le parole in prima persona dell’ufficiale tedesco che guarda il mondo attraverso gli occhi genuini e sognanti di una bambina ebrea.

Copertina flessibile: 390 pagine
Editore: Bonfirraro (16 gennaio 2020)
Collana: Futura
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8862722184
ISBN-13: 978-8862722186
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