Narrativa recensioni

Il senso del dolore – Maurizio De Giovanni

Trama
Napoli, marzo 1931, mentre un inverno particolarmente rigido tiene la città stretta in una morsa di gelo, un assassinio scuote l’opinione pubblica per la ferocia con cui il crimine è perpetrato e per la notorietà del morto. Il grande tenore Arnaldo Vezzi viene trovato cadavere nel suo camerino al Teatro San Carlo prima della rappresentazione de “I Pagliacci”, la gola squarciata da un frammento acuminato dello specchio andato in pezzi. Artista di fama mondiale, amico del Duce, uomo egoista e meschino: a ricostruire la personalità della vittima e a risolvere il caso è chiamato il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, in forza alla Squadra Mobile della Regia Questura di Napoli. Investigatore anomalo, mal sopportato dai superiori per la sua insofferenza agli ordini e temuto dai sottoposti per il suo carattere chiuso ed enigmatico, Ricciardi coltiva nel suo animo tormentato un segreto inconfessabile: fin da bambino “vede i morti” – ma solo chi muore di morte violenta – , coglie la loro immagine nell’ultimo momento di vita e ascolta le ultime parole; “il Fatto”, come lo chiama lui, lo aiuta nelle indagini.

Recensione a cura di Sara Valentino

Chi conosce il dolore lo sente sotto la pelle, nelle viscere e nella gola a bloccare il respiro.

Ho scoperto questo autore: Maurizio De Giovanni, che racconta gli anni del Duce, gli anni del fascismo in Italia, gli anni ‘30. Il tutto senza scadere mai in discorsi politici, cosa davvero personalmente apprezzabile.

In una Napoli povera, tra le vie dei quartieri più popolari e le sale del Teatro San Carlo si dipana questa vicenda.

“..nel vento freddo e nella luce incerta i vecchi palazzi brulicanti di vita diventano grotte scure”

Il senso del dolore è un giallo con caratteristiche molto particolari.

Il protagonista è il commissario Ricciardi che è un uomo mesto, triste è la sua storia, greve il suo fardello.
Luigi Alfredo Ricciardi, carnagione scura, capelli neri lisciati con la brillantina e due occhi verdi e tristi che hanno impresso a caratteri indelebili il dolore.
Nella sua prima indagine si trova a indagare sull’omicidio del grande tenore, Arnaldo Vezzi.

“penso che sia stato un genio e un uomo profondamente egoista e cattivo, come spesso sono i geni”

Vezzi viene ritrovato morto, assassinato in un camerino del Teatro San Carlo di Napoli durante la rappresentazione de “I pagliacci”.

L’istantanea della sua morte è vederlo così: seduto con una lacrima a rigargli il viso nell’ultimo istante di vita – una beffa alla buffonaggine.
In vita è stato un uomo potente e ricco, si sa che chi ha questa possibilità si sente Dio, ma Dio non è; un uomo che si è preso tutto ciò che voleva per poi gettare tutto come uno stracci vecchi. Prima o poi si paga e il pagliaccio ha pagato con la vita.

Ricciardi ha un dono, o forse una condanna, vede i morti prendere vita solo pochi istanti dopo che sono stati uccisi, li sente e ode le loro ultime parole. Un indizio attraverso il quale, a ritroso, sapientemente ricostruisce l’accaduto.

Il commissario non è amante dell’Opera come non lo è dei luoghi troppo affollati e questo ultimo particolare, ma non l’unico, mi ha permesso di entrare in empatia con lui.

L’autore: De Giovanni, ha un dono immenso, scrive storie così vere, da rendere le sensazioni sulle pelle di chi legge e scava, scava nell’animo umano.
I luoghi affollati vengono da lui stesso definiti con queste parole: “grovigli di anime, di sensazioni e di emozioni”

I sentimenti, pensa Ricciardi, sopravvivono a chi li prova e chi meglio di lui ce lo può raccontare?

Lui che dopo aver dovuto affrontare i demoni del suo arcaico dolore è condannato a sentire il dolore degli altri. L’autore senza alcun ausilio o ricorso al soprannaturale o alla magia ha utilizzato questo “dono” per renderci partecipi di una grande metafora.

In fondo solo chi ha provato il nostro stesso dolore può scorgere l’abisso in cui le anime cercano di restare a galla.

“mai una passione aveva soltanto l’aspetto più evidente; nel bene e nel male c’erano mille facce, sempre inattese e imprevedibili”

E proprio in questa vicenda si fondono magistralmente il bene e il male e non si sa dove finisce l’uno e inizi l’altro.
Diverse domande si affacciano alla mente del lettore. Dov’è Dio? Per chi sente dolore, dov’è?

I personaggi di De Giovanni sono amici di vecchia data per chi legge, sono così ben caratterizzati nel loro essere più intimo, un esempio è Don Pierino. Il prete che ha impresso ancora negli occhi ciò che ha vissuto  in un ospedale pediatrico. Ho sentito dentro di me la devastazione nel leggere le righe che l’autore ha dedicato ai bambini esclusi dalla vita, alla loro solitudine, condannati a vivere ai margini della vita degli altri senza mai poterla condividere.

le persone andavano a cercare la pace dove erano state felici, non sapendo che non c’era pace nemmeno nella morte

“Il senso del dolore” è anche un inno all’amore perchè, come dice Ricciardi, per amore si uccide; quello stesso amore che all’inizio ci sembra un abbraccio e un dolce rifugio dopo diviene una prigionia senza fine.

E poi c’è la fame, per fame si uccide.. Altre domande inesorabilmente fanno capolino: Ci si abitua mai a un’assenza? E’ meglio essere ciechi alla nascita o diventarlo?

Con una dolcezza straziante, ma con l’acume e l’acutezza che lo contraddistinguono e seguendo il senso del dolore, Ricciardi saprà dare finalmente pace all’uomo che si credeva Dio.

Quanto vale veramente un uomo che si crede Dio?

Copertina flessibile: 206 pagine

Editore: Einaudi; 1 edizione (12 giugno 2012)

Collana: Einaudi. Stile libero big

Lingua: Italiano

ISBN-10: 8806213911

ISBN-13: 978-8806213916

Link d’acquisto: Il senso del dolore

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